> FocusUnimore > numero 3, aprile 2020

Col concorso del Comune di Modena e di altri enti, l’Università di Modena e Reggio Emilia in questi anni, a prezzo di investimenti significativi, ha contributo al recupero in città di importanti testimonianze architettoniche, che raccontano della sua storia urbanistica e della sua vita sociale e culturale.

Anche a Reggio Emilia si è cominciato a produrre – fin dalla nascita di quella sede – lo stesso sforzo.

Queste attività di ristrutturazione di antichi complessi, necessari per la conservazione della memoria di una città e rifunzionalizzati per restituirli a nuova vita, richiedono importanti risorse per la loro realizzazione, risorse che l’Università deve molto spesso sottrarre ad altre finalità didattiche, per esempio, o che vengono raccolte attraverso donazioni private.

A questo sono finalizzati i contributi che pervengono all’Ateneo dal 5×1000, che è una delle poche fonti di autofinanziamento di cui può disporre. Molti degli edifici e degli spazi che attualmente ospitano attività accademiche si sono potuti avvalere proprio delle donazioni giunte attraverso il 5×1000. 

Il San Paolo è uno di questi. Un progetto di riqualificazione globale, conclusosi nel 2016 dopo sei anni di lavori, ha portato al recupero della storica struttura del Complesso che ospitava il Convento di San Paolo, nel centro storico di Modena, dove trova collocazione oggi anche la Biblioteca universitaria giuridica di Unimore, un giacimento culturale impreziosito dalla presenza di un Fondo Antico, fonte e ispirazione per tanti studiosi.

Il complesso, sorto nel XV secolo, si estende su una superficie di circa novemila metri quadrati di cui un terzo a giardino e confina con il complesso del San Geminiano, sede del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Modena e Reggio Emilia.

All’interno del San Paolo ritroviamo importanti testimonianze dell’architettura e dell’arte del XVII secolo: la Chiesa di San Paolo (conosciuta anche come “chiesa esterna”), l’adiacente cosiddetta “chiesa interna” o Oratorio e la Cappellina della Madonna della Scala.

La chiesa dedicata a San Paolo fu costruita nel 1192 e per quasi tre secoli rimase sotto il controllo del monastero di San Giacomo di Colombaro. Dal 1486 la chiesa passò alle monache agostiniane di Santa Maria della Misericordia, che vi costruirono accanto un monastero completato agli inizi del Cinquecento. La chiesa fu trasformata dall’architetto Raffaele Rinaldi detto “Il Menia” nel 1605, anno in cui fu costruito anche il campanile, poi nel 1653 l’interno tardoromanico fu rivestito da un apparato barocco su disegno di Cristoforo Malagola detto “Il Galaverna”.

Chiesa e convento furono chiusi a partire dal 1798 da Napoleone per essere utilizzati come caserma. La chiesa, usata in seguito anche come deposito di legname, fu riaperta nel 1816 per volontà del Duca estense Francesco IV e nel convento fu insediato un Educandato per fanciulle povere sotto la protezione della Duchessa Maria Beatrice di Savoia. Per questo motivo le giovani furono chiamate “Putte della Duchessa”. Dal 1859 l’Educandato divenne Istituto Provinciale di San Paolo, poi elevato ad ente morale. In una parte dell’ex convento il Duca fece costruire inoltre uno stabilimento di Bagni Pubblici da cui prese il nome l’attuale via Selmi fino al 1925. Come per il complesso San Geminiano nelle due guerre mondiali qui ebbe sede un ospedale militare.

La chiesa di San Paolo fu officiata fino agli anni settanta del Novecento poi i suoi arredi confluirono nella Raccolta d’Arte della Provincia di Modena.

Dal 1981 al 1997 si tenne nel complesso la manifestazione estiva d’intrattenimento culturale e ricreativo “Circoli e Cortili”.

Adiacente alla “chiesa esterna” è presente la cosiddetta “chiesa interna” che era riservata alle monache. L’edificio costruito nel 1604, rappresenta uno dei più importanti interventi edilizi e decorativi di Modena agli esordi del Seicento. Nel volume “La chiesa di San Paolo a Modena – Otto secoli di storia” a cura di Graziella Martinelli Braglia si legge: “l’ex chiesa interna si qualifica come una delle testimonianze di maggior rilievo della cultura figurativa modenese di primo Seicento, nei suoi aspetti architettonici, pittorici e plastici, seconda soltanto alla Sala del Vecchio Consiglio del Palazzo Comunale”.

Varie campagne di restauri al complesso, dagli anni novanta in poi, hanno restituito gli spazi a rinnovati usi, tra cui appunto la Biblioteca Giuridica dell’Università di Modena e Reggio Emilia, ma anche l’Accademia di Belcanto Cubec ideata dalla cantante lirica Mirella Freni, recentemente scomparsa, e la Scuola dell’Infanzia San Paolo.

Quanto all’articolazione degli spazi coperti e scoperti, gli elementi costitutivi più importanti sono i quattro bracci che costituiscono il perimetro del grande chiostro principale, noto come “Cortile del Leccio”, per la presenza al suo centro di uno straordinario e maestoso esemplare di questa pianta. All’interno del complesso si aprono altri quattro cortili minori, il più ampio e significativo dei quali è il cortile “del banano” (per la presenza di tale pianta) posto nel settore nord ovest, cortile sul quale si affaccia a nord la “chiesa interna” e a sud un breve portico. Gli altri tre cortili sono poco più che cavedi.

Il chiostro principale, attorno al quale si snoda la biblioteca, appare l’esempio più ragguardevole nell’edilizia conventuale femminile in Modena.

La collocazione in questo spazio della Biblioteca Giuridica di Unimore ha consentito di dare una sistemazione consona e appropriata a questa realtà (210.000 i volumi posseduti e più di 40.000 le annate di periodici) attorno alla quale si è, poi, sviluppato l’allora Ateneo di Modena, ma soprattutto ha reso fruibile alla città e alla numerosa utenza, composta prevalentemente da studentesse e studenti, ma anche da cultori e professionisti (5.780 prestiti nel 2019), un contenitore – a molti pressoché sconosciuto – che oggi finalmente tutti possono riscoprire ed apprezzare.

La Biblioteca universitaria giuridica (www.bugiuridica.unimore.it) nasce nel 1877.

Oggi possiede più di 210.000 volumi, tra libri moderni e antichi (ca. 170.000) e annate di periodici (più di 40.000), disposti lungo 7,5 km di scaffalature, in gran parte liberamente accessibili dagli utenti.

I periodici attivi, come singoli abbonamenti, sono 474, di cui 312 solo su carta, 131 carta+online, 21 solo online. Pacchetti come quelli di F. Angeli, il Mulino, Cambridge Core, contengono numerosi titoli online che si sommano agli abbonamenti a titoli specifici.

Il Fondo antico della biblioteca comprende ca. 2.000 libri pubblicati tra XVI e XVIII secolo, e 1.400 pubblicati nei primi trent’anni del XIX secolo.

Importanti le collezioni di giuristi modenesi, o legati all’Ateneo, entrate in biblioteca tra Otto e Novecento: i fondi Benucci, Bonasi, Bortolucci, Conigliani, Donati, Friedmann, Rabbeno, Raisini, Rossi-Veratti, Sabbatini, Sacerdoti, Triani.

Le principali banche dati giuridiche italiane e alcune di quelle straniere sono accessibili per tutti gli utenti Unimore, mentre per alcuni dei più importanti editori giuridici italiani gli utenti dispongono anche della versione elettronica dei libri (ca. 5.000 ebook italiani di ambito giuridico).

Gli utenti hanno a disposizione 196 posti ai tavoli.

Nel 2019 si sono registrati 5.780 prestiti mentre sono state più di un migliaio le operazioni di document delivery.

Breve itinerario d’arte

Ai piedi della scala di accesso alla biblioteca: decori affrescati settecenteschi e accesso all’antica dispensa.

Lungo lo scalone a sinistra: Cappella della Madonna della Scala attribuita a Cristoforo Malagola, con preziosi decori a stucco seicenteschi e pavimento a lastre marmoree originali.

Nel corridoio d’accesso al “cortile del banano”: monumento alla duchessa austro-estense Maria Beatrice di Savoia (1842).

Tutti possono contribuire a sostenere il patrimonio architettonico e museale di Unimore attraverso la donazione del “5 per mille”: è sufficiente apporre il codice fiscale 00427620364 dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia nel relativo riquadro in fase di dichiarazione dei redditi.

Il 5 per mille per fare rivivere la memoria architettonica delle nostre città e dell’ateneo: il caso del complesso San Paolo e la Biblioteca giuridica