> FocusUnimore > numero 4 maggio 2020
Il mondo della ricerca di Unimore ha risposto in modo massiccio e con slancio e generosità alla necessità di far fronte al Coronavirus e allo stato di emergenza pandemica che si è sviluppato giorno dopo giorno.
Come in un’orchestra, dove i musicisti suonano strumenti diversi, ma perfettamente in sintonia, così ricercatori, ricercatrici e clinici di Unimore e dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena con abnegazione, giorno e notte in queste settimane, si sono applicati, e continuano a farlo, a cercare di costruire un identikit di SARS-Cov2, il virus che causa il COVID-19, di comprenderne i meccanismi di azione e gli effetti che produce, per adottare le cure più efficaci in attesa della messa a punto di un vaccino, e nel contempo si sono prodigati ad adottare e sperimentare approcci terapeutici appropriati alla gravità dei casi giunti nelle terapie intensive e nei reparti ospedalieri.
Diversi gruppi di ricerca sono stati coinvolti sin da subito nello studio, promosso dall’Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori di Napoli in collaborazione anche con l’Azienda USL-IRCCS di Reggio Emilia, sulla sperimentazione del Tocilizumab.
Questo nuovo farmaco biologico, già usato in genere e con successo nel trattamento dell’artrite reumatoide, è un inibitore specifico dell’interleuchina 6, una citochina che gioca un ruolo importante nella risposta immunitaria ed è implicata nella patogenesi di molte malattie caratterizzate da una importante risposta infiammatoria. Nelle più gravi polmoniti da COVID-19, il problema principale notato dai ricercatori e dai clinici è la reazione spropositata del sistema immunitario che produce una risposta infiammatoria abnorme, la cosiddetta “tempesta citochinica”.
Poiché questa eccessiva risposta è in parte governata dalla interleuchina 6, la sua inibizione – si è pensato – può ridurre questa reazione immunitaria con eccessiva infiammazione e limitare il danno polmonare.
Così dalla struttura di Reumatologia, gestita dal prof. Carlo Salvarani (CHIMOMO), la sperimentazione è stata adottata immediatamente dal professor Giovanni Guaraldi nella Struttura Complessa di Malattie Infettive, diretto della professoressa Cristina Mussini (CHIMOMO), e nella Struttura Complessa di Malattie dell’Apparato Respiratorio del professor Enrico Clini (SMECHIMAI).
Di interesse anche il lavoro di ricerca su COVID-19, che sta portando avanti il dott. Marco Marietta della Struttura Complessa di Ematologia del Policlinico, diretta dal professor Mario Luppi (SMECHIMAI), che riguarda l’impatto della patologia da SARS-Cov2 sul sistema emostatico. La profonda alterazione dei meccanismi emostatici determina uno stato di ipercoagulabilità che può condizionare negativamente la prognosi di questi pazienti, e danneggiare anche altri organi. Le osservazioni emerse fino ad ora, per quanto promettenti, sono ancora preliminari per poter giustificare l’uso dei farmaci anticoagulanti al di fuori delle indicazioni e dei dosaggi registrati.
Muove in questa direzione di miglioramento delle terapie uno studio recentemente pubblicato dal professor Enrico Clini sul fronte della ventilazione meccanica non invasiva.
Lo studio, iniziato un anno fa su pazienti bronchitici cronici, evidenzia come la ventilazione meccanica non invasiva (NIV) quando viene applicata in corso di insufficienza respiratoria acuta di nuova insorgenza risulta essere molto meno efficace e sicura. Lo sforzo respiratorio, che è stato misurato sotto forma di pressione esofagea, rappresenta un indicatore più affidabile rispetto ad altri parametri ed al suo aumento diminuisce l’efficacia della NIV. Le implicazioni cliniche di questo studio, condotto come primo autore dallo pneumologo, dottorando di ricerca di Unimore, dottor Roberto Tonelli, hanno un valore ancora più forte in questo momento nel quale la polmonite da COVID-19 rappresenta un modello clinico di insufficienza respiratoria acuta passibile di questo trattamento con ventilazione meccanica forzata. Se i risultati verranno confermati, il test sullo sforzo respiratorio consentirà di decidere in anticipo quando intervenire con un respiratore invasivo.
Nella attività plurale dei ricercatori e ricercatrici e dei docenti e delle docenti di Unimore, che su questa patologia così come su tante altre da sempre lavorano in sinergia con i clinici dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena, si collocano le ricerche del professor Andrea Cossarizza (SMECHIMAI), docente di Patologia Generale, noto immunologo in campo internazionale, che ha fornito importanti dati scientifici sulle modificazioni del sistema immunitario indotte dal SARS-CoV-2. Il professor Cossarizza ha descritto nei dettagli la diversa distribuzione dei principali tipi di linfociti presenti nel sangue dei pazienti ricoverati al Policlinico di Modena. Il lavoro riporta che, come accade in altre infezioni acute virali, la frequenza nei pazienti con COVID-19 di cellule che esercitano funzioni differenti e producono più molecole contemporaneamente all’interno delle famiglie dei linfociti helper o citotossici – le principali cellule responsabili della risposta immunitaria acquisita – è molto diversa da quella di un soggetto non affetto da COVID-19. Nei pazienti analizzati è anche stata osservata un’elevata presenza di linfociti cosiddetti “naive”, ovvero di cellule mai attivate in precedenza: si tratta di un fenomeno anomalo, data l’elevata età dei pazienti.
Vi è poi uno studio su marker prognostici e sulla medicina di genere che è seguito dalla professoressa Erica Villa (CHIMOMO), Direttrice della Struttura Complessa di Gastroenterologia del Policlinico di Modena e del Dipartimento ad Attività Integrata di Medicine Specialistiche dell’AOU di Modena e dal dottor Tommaso Trenti, Direttore del Dipartimento Interaziendale ad Attività Integrata di Medicina di Laboratorio ed Anatomia Patologica. La loro ricerca ha ricevuto il finanziamento di due milioni di euro dalla Banca d’Italia e si concentra sui diversi aspetti fisiopatologici tra i due sessi, per cercare di comprendere perché questo virus colpisce in maniera nettamente più forte gli uomini rispetto alle donne, e poter definire terapie mirate. L’altro aspetto del loro studio sono i marcatori presenti nell’organismo che permettono di predire l’evolversi della malattia. Una evidenza scientifica riscontrata sta nei marcatori prognostici delle polmoniti, già noti nei pazienti COVID-1, e che potrebbero essere utilizzati come guida per le decisioni terapeutiche.
Nella Struttura Complessa di Ostetricia e Ginecologia, il Prof Facchinetti (SMECHIMAI) è tra i coautori di due studi multicentrici già editi a stampa in collaborazione con colleghi lombardi: nel primo si dimostra che nel parto per via vaginale il rischio di trasmissione madre-feto sembra essere remoto. Il secondo lavoro, sempre di tipo osservazionale, descrive la maggior benignità dell’infezione nelle gravide, ma conferma che l’obesità è fattore di aggravamento della condizione. L’Unità Operativa inoltre partecipa al progetto nazionale di sorveglianza delle gravide affette da COVID-19, dell’Istituto Superiore della Sanità. Il Prof La Marca, (SMECHIMAI) ha attivato una linea di ricerca preclinica per indagare l’espressione del recettore del virus, ACE2, nelle cellule del trofoblasto durante i tre trimestri di gravidanza, studiandone l’affinità di legame con la proteina Spike. Questo progetto è finanziato dal Ferring Covid-19 Investigational Grant. Sono in corso diversi studi sulla modulazione della risposta immunitaria da parte degli estrogeni e nello stato gravidico (Grandi e Facchinetti). Infine i due ricercatori stanno verificando, insieme ad altre Università Italiane, l’impatto della pandemia sulle necessità ginecologiche d’urgenza durante il lock-down e sulla modalità del parto.
Ricerche epidemiologiche promosse dal Prof. Marco Vinceti, ordinario di Sanità Pubblica (BMN), e dal Dott. Tommaso Filippini ricercatore a tempo determinato di Igiene Generale ed Applicata (BMN), avendo costituito un gruppo di lavoro composto da un’azienda milanese di gestione di Big Data, da un biostatistico dell’Istituto Karolinska di Stoccolma (il Prof. Nicola Orsini) e da un epidemiologo dell’Università di Boston (il Prof. Kenneth Rothman), ha preso in esame due aspetti particolarmente discussi e rilevanti dell’epidemiologia del COVID-19: i fattori di rischio dell’infezione, i particolare elevati livelli di inquinamento atmosferico, e l’efficacia delle misure non farmacologiche di prevenzione, quali le restrizioni alla mobilità personale (cosiddetto lockdown).
La ricerca di nuovi possibili target terapeutici è invece l’obiettivo di un consorzio europeo di ricerca cui partecipano i gruppi di ricerca dei proff. Michele Zoli, direttore del BMN e Fabio Tascedda, farmacologo del Dipartimento di Scienze della Vita, focalizzato sui possibili effetti positivi dei recettori per la nicotina nel contrasto della infezione da SARS-CoV-2. Numerosi studi hanno infatti dimostrato che alcune molecole con attività biologiche analoghe a quelle della nicotina, e attualmente in sperimentazione clinica, hanno importanti attività anti-infiammatorie. Queste molecole risulterebbero estremamente utili per contrastare, attenuandola se non spegnendola, la tempesta di citochine osservata in molti pazienti affetti da COVID-19.
Il gruppo di lavoro coordinato dal Prof. Massimo Dominici, della Struttura Complessa di Oncologia Medica e del Programma di Terapie Cellulari, propone una strategia sperimentale per la cura del COVID-19 grazie ad una terapia basata su cellule stromali/staminali mesenchimali. Questo coinvolge anche il Prof. Enrico Clini e la Prof. Cristina Mussini grazie anche alla creazione del primo network italiano delle cosiddette “cell Factory” (Milano, Vicenza, Verona, Monza, Firenze, Roma e Modena stessa) associate a centri clinici con le loro varie unità COVID-19. Il protocollo clinico è ora oggetto di valutazione da parte degli enti regolatori (AIFA/ISS). Inoltre, i team di Dominici e Clini sono impegnati in una rete europea per terapie innovative per COVID, incluse le terapie cellulari e geniche.
La Dr.ssa Elena Veronesi, ricercatrice di UNIMORE e coordinatrice del laboratorio di Biocompatibilità e di Microscopia Applicata e Biologia Cellulare del Tecnopolo di Mirandola, è invece intensamente impegnata da mesi con la certificazione dei dispositivi di protezione individuale in particolare le mascherine facciali di protezione mediante innovativi testi di biocompatibilità in vitro messi a punto negli stessi laboratori convenzionati con UNIMORE.
Diverse ricerche hanno affrontato un altro aspetto della lotta al COVID-19 relativo allo sviluppo di ausili innovativi per pazienti e operatori COVID-19.
Il gruppo di ricerca interdisciplinare, che coinvolge ricercatori del DISMI (Eugenio Dragoni, Andrea Spaggiari, Davide Castagnetti) del CHIMOMO (Ugo Consolo, Elisabetta Blasi, Luigi Generali) e del DIEF (Luca Lusvarghi, Giovanni Bolelli, Marco Barbieri), sta studiando un Processo Efficace di Riutilizzo di Innovative Mascherine Auxetiche e Tradizionali (Progetto PERIMAT) con lo scopo di fornire soluzioni per rendere riutilizzabili le mascherine e i filtranti facciali tradizionali e sperimentare innovativi materiali auxetici per aumentarne l’efficacia. Il gruppo di ricerca interdisciplinare afferisce al Centro Interdipartimentale UniMoRe-Intermech-MO.RE.
Il gruppo formato dal prof. Jonathan Mapelli, fisiologo del BMN, in collaborazione con MAT3D, spin-off di UniMoRe, intende ingegnerizzare un dispositivo di tele-auscultazione toracica basato sull’utilizzo combinato di uno stetoscopio e di uno smartphone. La soluzione proposta consente di interfacciare in modo semplice lo smartphone del caregiver con un comune stetoscopio e permette di effettuare una auscultazione a distanza dei suoni fisio-patologici utili alla diagnostica delle patologie cardio-polmonari grazie ad una semplice telefonata.
Anche la chirurgia plastica e ricostruttiva (prof. Giorgio De Santis ed Alessio Baccarani, SMECHIMAI) e maxillo-faciale (prof. Luigi Chiarini) in epoca COVID-19 si è ritrovata una serie di patologie che ha stimolato sia ricerche in ambito chirurgico che dei materiali. L’inusuale decubito in posizione prona durante molte fasi della permanenza in terapia intensiva ha portato alla luce nei pazienti nuove lesioni da decubito coinvolgenti unità estetiche del volto quali il naso (necrosi nasali), il mento (necrosi mentoniera) e le regioni zigomatiche. Trattandosi di pazienti defedati e con comorbilità non si sono potuti affrontare interventi ricostruttivi tradizionali, i quali implicano le buone condizioni generali del paziente, si sono dovute ricercare nuove forme ricostruttive con lembi locali semplici e di rapida guarigione. Per quanto riguarda i materiali si sta studiando la possibilità, con il laboratorio di biomateriali, di maschere facciali anti-decubito in schiuma di poliuretano.
Dagli studi che stanno affrontando clinici e scienziati e scienziate di Unimore, possiamo ben comprendere come la squadra che si è messa in campo per far fronte al COVID-19 abbia compreso che il Coronavirus non solo crea una tempesta citochinica che porta a gravi insufficienze respiratorie, dovute agli infiltrati infiammatori che rallentano lo scambio di ossigeno dai polmoni al sangue, ma anche processi di coagulazione e formazione di trombi che causano danni ad altri organi del corpo.
Le polmoniti da COVID-19, dunque, sono solo una parte del problema e pertanto unicamente un approccio multidisciplinare, che metta insieme le competenze di ricercatori e ricercatrici così come dei tanti professori e professoresse, dottori e dottoresse impegnati nelle diverse cliniche universitarie o nelle strutture diagnostiche può arrivare a fornire una risposta efficace a questa emergenza pandemica.
Lo sforzo collettivo dei ricercatori e delle ricercatrici Unimore va in questa direzione, e confidiamo fortemente possa ottenere risultati preziosi per la comprensione e la cura della malattia.
Dipartimenti e strutture coinvolte
Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche materno infantili e dell’adulto
Dipartimento Chirurgico, Medico, Odontoiatrico e di Scienze Morfologiche con interesse Trapiantologico, Oncologico e di Medicina Rigenerativa
Dipartimento di Scienze biomediche, metaboliche e neuroscienze
Dipartimento di Scienze della vita
Azienda Ospedaliero Universitaria di Modena Strutture: Reumatologia; Malattie Infettive; Malattie dell’Apparato Respiratorio, Anestesia e Terapia Intensiva del Policlinico, Reparti di Anestesia, Rianimazione e Terapia Intensiva dell’Ospedale Civile, Covid Room Policlinico, Covid Room dell’Ospedale Civile
Azienda USL-IRCCS Reggio Emilia
Tecnopolo Mario Veronesi Mirandola
I gruppi di ricerca
Gruppo Andrea Cossarizza, Sara De Biasi, Cristina Mussini, Giovanni Guaraldi, Massimo Girardis: studio su alterazioni immunitarie pubblicato su rivista internazionale “Cytometry”
Gruppo Giorgio De Santis, Luigi Chiarini, Alessio Baccarani.
Gruppo Massimo Dominici, Elena Veronesi pubblicazione sulla rivista Cytotherapy in press 2020. “EVs from MSCs and other cells: potential therapeutic agents to suppress COVID-19?”
Gruppo Eugenio Dragoni, Andrea Spaggiari, Ugo Consolo, Elisabetta Blasi, Luca Lusvarghi, Giovanni Bolelli, Marco Barbieri, Davide Castagnetti, Luigi Generali (Progetto PERIMAT)
Gruppo Marco Marietta, Mario Luppi: “Blood Transfusion” position paper della Società Italiana per lo Studio dell’Emostasi e Trombosi (SISET)
Gruppo Fabio Facchinetti, Antonio La Marca, Giovanni Grandi, Fausto Boselli, Ferring Covid-19 Investigational Grant, 4 lavori pubblicati o in corso di stampa su rivista internazionale.
Gruppo Jonathan Mapelli, spin-off MAT3D
Gruppo Roberto Tonelli, Enrico Clini: studio NIV pubblicato su “American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine”
Gruppo Erica Villa, Tommaso Trenti finanziamento Banca d’Italia per studio Markers prognostici e medicina di genere.
Gruppo Marco Vinceti, Tommaso Filippini, due rassegne sull’International Journal of Molecular Medicine relative alle modalità di trasmissione dell’infezione e sulle prospettive di sviluppo degli strumenti vaccinali.
Gruppo Michele Zoli, Fabio Tascedda, Silvia Alboni, Cristina Benatti, Johanna Maria Catharina Blom, Miriam Cavagnini, Chiara Colliva, Eleonora Daini, Fabio Tascedda, Giuseppina Leo, Paolo Pozzi, Giulia Radighieri, Veronica Rivi, Valentina Secco, Antonietta Vilella: studio internazionale su recettori della nicotina e SARS-CoV-2.
COVID-Guide: la web app targata Unimore per il self triage e la sorveglianza epidemiologica
Restare a casa? Vedere il medico di famiglia? Isolarsi? Cosa fare in tempi di pandemia? Come affrontare la agognata e un po’ temuta fase due?
Su ogni sintomo, su ogni preoccupazione aleggia lo spettro del COVID-19.
Un aiuto arriva dalla tecnologia con COVID-Guide, web-app (non va scaricata, basta usarla) per il self-triage sviluppata in una collaborazione tra Svizzera, Germania ed Italia.
La app consente, attraverso l’interazione con intelligenza artificiale, una prima valutazione di eventuali sintomi e indirizza il paziente verso l’assistenza più opportuna nel suo caso.
La taskforce CONSTANTINE, il gruppo italiano di sviluppo, è diretto dal dottor Jacopo Demurtas, dottorando del XXXV corso di Dottorato in Clinical and Experimental Medicine (CEM) di Unimore, coordinato dal prof. Giuseppe Biagini, tutor la prof.ssa Elena Righi, e ne fa parte il
collega di dottorato dottor Roberto Tonelli, tutor il prof. Enrico Clini, Direttore della Struttura Complessa di Malattie dell’Apparato Respiratorio dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena.
L’applicazione, che sta per essere introdotta in Italia, è già in azione in Germania e Svizzera.
L’implementazione della geolocalizzazione potrà rendere più efficace la sorveglianza epidemiologica.