> FocusUnimore > numero 8 – ottobre 2020

FocusUnimore ha già trattato il tema della memoria, dell’uso pubblico della storia e della loro relazione con i nuovi mezzi di comunicazione (numero 3, aprile 2020), ma la ricchezza e l’innovatività dell’offerta formativa (e dell’attività di ricerca) su queste tematiche presenti nel nostro Ateneo rende opportuno dedicarvi ulteriore spazio.

In particolare prenderà avvio con l’anno accademico 2020-21, presso il Dipartimento di Studi linguistici e Culturali, la sesta edizione del Master di secondo livello in Public History, che da quest’anno assume la nuova denominazione di Master in Public e Digital History.

Il riferimento alle Digital humanities risponde alla necessità di integrare la formazione dello storico con competenze che sono diventate sempre più necessarie nella ricerca storica, nella socializzazione del discorso storiografico e dunque nel profilo professionale del public historian.

La qualità del nostro progetto – afferma il Prof. Lorenzo Bertucelli, Direttore del Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali – ha trovato conferma nel sondaggio anonimo effettuato tra tutti i diplomati delle precedenti edizioni che ha rivelato l’alto gradimento per i corsi e le competenze acquisite. Di qui l’incoraggiamento ad andare avanti con rinnovata lena, migliorandolo”.

La Public History ha conosciuto negli ultimi anni un grande sviluppo testimoniato dall’esistenza, dalle attività e dai convegni dell’Associazione Italiana di Public History (AIPH) e della International Federation for Public History (IFPH – FIHP). Si tratta dunque di una tendenza che si va consolidando in Italia e sul piano internazionale, nella quale convivono sensibilità e orientamenti diversi che alimentano un proficuo dibattito.

In questo mosaico s’inserisce il Master di Unimore, primo in Italia e con alcune caratteristiche che ne determinano la specifica fisionomia.

La Public History può essere considerata come una pratica storiografica volta a ridurre la distanza tra la ricerca e la società, che ha come referente la cittadinanza che coinvolge utilizzando lo spazio pubblico (reale o virtuale) come luogo di incontro e di confronto.

Di questa pratica storiografica il public historian  è il deus ex machina: proprio perché è uno storico capace di utilizzare con destrezza gli strumenti del mestiere (approccio critico alle fonti primarie, conoscenza della letteratura di riferimento, utilizzo dei protocolli di scientificità della disciplina), egli pensa, costruisce e delimita l’oggetto di ricerca in collaborazione con altri operatori culturali (documentaristi, sceneggiatori, registi, scrittori, grafici, attori, informatici, esperti in digital humanities, altri storici specializzati nell’uso delle fonti orali, ecc. ).

Per riuscire al meglio nel suo intento il public historian è chiamato a un lavoro d’equipe che abbia come presupposto l’interdisciplinarità. Per sviluppare un processo che richiede l’utilizzo di fonti molto diversificate tra loro e la progettazione di una restituzione che sappia coinvolgere un pubblico fortemente eterogeneo, sono necessarie diverse competenze che il Master prova ad individuare e fornire ai propri studenti.

Si può affermare che un progetto di Public History si divida in due fasi compenetrate l’una nell’altra: da una parte, un attento lavoro di ricerca, dove  le fonti da esaminare si moltiplicano rispetto alle classiche fonti d’archivio, dall’altra, l’elaborazione creativa di un processo di restituzione. In entrambe le fasi il lavoro del public historian deve riuscire ad emanciparsi dal fine puramente accademico e osservare come risultato anche il proprio impatto sociale.

Gli studenti e le studentesse che frequentano il Master in Public e Digital History sono coinvolti in un percorso composito dove lezioni, seminari e laboratori si intrecciano per riuscire a fornire sia strumenti teorici sia strumenti pratici.

Oltre all’ottimo lavoro svolto con i partner quali l’Istituto Storico di Modena, la Fondazione ex-Campo Fossoli, Istoreco, Istituto Cervi e il Centro Documentazione Donna Modena, negli anni il Master ha costruito e consolidato importanti relazioni con enti culturali nazionali quali l’Istituto Luce Cinecittà e il MAXXI Museo del XXI Secolo; inoltre collabora attivamente anche con HomeMovies di Bologna e l’Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico (Aamod) di Roma. L’importanza di queste relazioni non si esaurisce in ambito didattico, è infatti grazie al rapporto con enti non accademici che è possibile costruire dei percorsi che consentano agli studenti e alle studentesse del master di misurarsi con la realizzazione di prodotti di Public History.

La rivoluzione digitale e l’analisi e l’utilizzo di fonti audiovisive sono i campi nei quali la Public History dovrà spingere maggiormente le proprie sperimentazioni e sono proprio questi i due aspetti di maggior innovazione della sesta edizione del Master.

La Public History e il digitale: nuove sfide e opportunità