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Desidero dare un consiglio per me fondamentale: è importante fidarsi meno di
                se stessi e più delle altre persone. Mi spiego meglio: uno studente dislessico
                non può fare l’università da solo, esistono sportelli di aiuto come “Tutoriamo”,
                compagni di studi, … è importante il sostegno per non svalutarsi altrimenti si

                rischia di mollare. Stando con gli altri ti rendi conto che tutti faticano, ti avvicina
                perché capisci che si è tutti “sulla stessa barca”, viene “smussata la condizione”.
                Anche il Disturbo Specifico dell’Apprendimento ha delle positività: l’investimento
                che è stato fatto prima può essere riutilizzato. Nonostante tutti ne parlino e per
                me il fattore tempo sia sempre di difficile gestione credo che l’aspetto della
                fiducia sia quello che pesa di più per la paura del pregiudizio e per il rischio di
                incorrere in pensieri negativi che vanno a influire sul risultato d’esame.



                Quando è arrivata la diagnosi si è decisamente modificata la mia consapevolezza,
                perché finalmente avevo capito che il mio problema era un “non problema”.
                Avevo/ho compreso che l’esitazione o la fatica di fronte a richieste come: “prendi
                il fascicolo numero o scrivi una e-mail …” e ad un eventuale mio errore non era
                frutto di mia svogliatezza o altro, semplicemente era/è una mia caratteristica.
                Ora so che devo concentrarmi di più e nel dubbio ho il diritto di chiedere. Infatti
                adesso, se credo di non essere sicura, chiedo. Ho imparato a chiedere, mentre
                prima insabbiavo.

                Le strategie e il metodo di studio sono in linea con il passato e con le continue
                evoluzioni che sto compiendo.


                In conclusione, i DSA in età adulta assumono una espressività diversa da quella
                riconosciuta in età evolutiva con ricadute, comunque, presenti nello studio e
                sull’acquisizione delle informazioni. Queste ricadute non dipendono solo dalla
                fatica nell’abilità strumentale, ma anche dal vissuto emotivo e fondamentale è il

                rispettoso supporto che il contesto anche universitario fornisce ai suoi studenti.


                Il tirocinio mi ha fatto capire che quello che studio sui libri non è la vera medicina.
                E’ molto più facile la pratica rispetto alla teoria, nonostante la velocità richiesta.
                Vorrei godermi maggiormente il tirocinio perché, purtroppo, sono troppo
                concentrato sulla didattica, visto che è quella la parte più ostica.


                Questo articolo, scritto dagli operatori del Servizio Accoglienza Studenti con DSA,
                è frutto di studi di differenti teorie, ma soprattutto dei report di studenti con DSA

                che frequentano l’Ateneo di Unimore e le cui vite si sono intrecciate con quelle
                del nostro ufficio e hanno, come molti loro colleghi, mostrato le loro spiccate e
                peculiari abilità. Li ringraziamo, pertanto, per il loro desiderio di condivisione, del
                tempo a noi e a voi lettori dedicato e di aver portato la loro “voce” e il loro punto
                di vista.







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