FocusUnimore > numero 42 – dicembre 2023

In Modena the Annual meeting of the National Conference of Equality Bodies
Unimore hosted the Annual Meeting of the National Conference of Equality Bodies. This important initiative hosted representatives of the Equality Bodies of many Italian universities to discuss the theme of rights and the transformations taking place: the right to study, the rights of immigrant students, the rights of people with disabilities and learning disorders, the rights of LGBTQI+ people and gender inequalities. The topic of the conference “Gender, intersectionality and the metamorphosis of rights: the role of equality bodies” was addressed through plenary and parallel sessions and an institutional round table, in which the rich exchange of experiences gave the opportunity to share ideas, good practices and goals to be achieved. It was an enriching occasion for Unimore and for the Unimore CUG, which made it possible to report on what is already being done in the field of gender equality and the fight against discrimination, but also to draw new insights for future actions.

Il 15-16 dicembre Unimore ha ospitato il Convegno annuale della Conferenza Nazionale degli Organismi di Parità, presso la sede della Fondazione Marco Biagi.

Attiva dal 2007, la Conferenza Nazionale degli Organismi di Parità delle Università italiane riunisce in una Rete le/i rappresentanti dei Comitati unici di garanzia delle università Italiane, al fine di costruire sistematici rapporti di collaborazione fra gli atenei e con le istituzioni con l’obiettivo di affermare le pari opportunità e l’equità di genere e contrastare le discriminazioni, riguardanti le diverse componenti che lavorano e studiano nelle Università.

Il Comitato Unico di Garanzia di Unimore, presieduto dalla Prof.ssa Rita Bertozzi, insieme e alla Conferenza nazionale, presieduta dalla Prof.ssa Tindara Addabbo, con il supporto organizzato della Fondazione Marco Biagi, ha reso possibile questa importante iniziativa, che ha visto rappresentati gli Organismi di parità di molte università provenienti da diverse regioni d’Italia nel confronto sul tema dei diritti e delle trasformazioni in atto, considerando il diritto allo studio, i diritti della componente studentesca immigrata, i diritti delle persone con disabilità e disturbi dell’apprendimento, i diritti delle persone LGBTQI+ e le disuguaglianze di genere.

Il tema della conferenza “Genere, intersezionalità e metamorfosi dei diritti: il ruolo degli organismi di parità” è stato affrontato attraverso sessioni plenarie e parallele e una tavola rotonda istituzionale.

A quest’ultima sono intervenuti il Presidente dell’Anvur Antonio Felice Uricchio, Valter Brancati (Presidente CUG, Anvur), Laura Ramaciotti (Rettrice dell’Università degli Studi di Ferrara) – Delegata CRUI, Rosa Fioravante (Segretaria Nazionale Associazione dottorandi e dottori di ricerca in Italia), Morena Rapolla (Avvocata esperta in diritti umani), Alessia Conti (Presidente del Consiglio Nazionale Studenti Universitari) e Arianna Voto (RAI – Responsabile No Women No Panel).

La Conferenza apprezza molto quest’ultimo progetto promosso dalla RAI coerente con le Linee Guida per promuovere l’equilibrio fra i generi negli eventi scientifici condivise con tutti i CUG aderenti nel 2020 e ha invitato i CUG a stabilire un contatto con le amministrazioni locali che stanno aderendo al progetto.

La presidente della Conferenza, Tindara Addabbo, con il Vicepresidente, Vincenzo Bochicchio, ha presentato alcune proposte rivolte sia ai CUG aderenti sia alle Istituzioni che verranno formalizzate anche riprendendo gli importanti suggerimenti di policies pervenuti nel corso del convegno in sessioni veramente ricche di contributi teorici ed esperienze. Fra le proposte condivise l’invito, a tutti i CUG universitari, a prevedere al proprio interno la presenza della componente studentesca e di una rappresentanza di dottorandi e dottorande. Una proposta che trova anche nello, spessore dell’intervento di Alessia Conti, studentessa dell’Università di Padova e Presidente del Consiglio Nazionale Studenti Universitari, l’urgenza di aprirsi all’ascolto e all’azione:

“Le ultime settimane sono state particolarmente difficili per la comunità studentesca, soprattutto a causa del femminicidio della studentessa Giulia Cecchettin. Questo ha scatenato la mobilitazione in tanti Atenei e in tante città, un movimento che chiede un cambiamento concreto dell’Università. Per farlo però, dobbiamo guardare in faccia la realtà: il nostro Paese ha un problema con le violenze di genere e non è formato sul tema. Se vogliamo un cambiamento reale dobbiamo partire dalla formazione e l’Università deve fare la sua parte. Serve poi finanziare maggiormente i centri antiviolenza e quelle realtà che già operano sui territori per sostenere le vittime di molestie e violenze, perché studentesse e studenti generalmente non riescono ad accedere con semplicità alle informazioni circa le figure che esistono di supporto in università e fuori. In tanti atenei ancora non esiste la consigliera di fiducia, figura comunque limitata dal punto di vista delle possibilità di agire. In tante università nei CUG non è prevista la rappresentanza studentesca, che invece sarebbe fondamentale per definire politiche realmente efficaci.

Serve un cambiamento strutturale e concreto per migliorare la situazione e scardinare finalmente la cultura patriarcale e noi, come CNSU, vogliamo fare la nostra parte. Per questo bisogna che tutte le istituzioni si attivino perché sia garantita una formazione di base a tutti, anche coloro che non sono sensibilizzati al tema. L’Università deve recuperare il suo ruolo: non serve formare un lavoratore se non si forma dapprima un cittadino, educato alle relazioni, al consenso, alla gestione dei conflitti.”

Nella sessione dedicata al tema “Tra parità e violenza di genere: le esperienze degli atenei” sono state condivise le azioni poste in essere dagli Atenei anche in collaborazione con le associazioni e gli enti nei territori sottolineando l’importanza della comunicazione, dell’attivazione di percorsi di discussione e formazione facendo tesoro di tutte le esperienze condivise e della presenza di UN.I.RE – UNiversità In REte contro la violenza di genere rete delle università italiane finalizzata alla diffusione e alla implementazione della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e l’eliminazione della violenza contro le donne e la violenza domestica, rete alla quale anche UNIMORE ha aderito attraverso il CRID – Centro di Ricerca Interdipartimentale su Discriminazioni e vulnerabilità diretto dal Prof. Thomas Casadei.

Si è condivisa l’importanza di agire con i Centri Antiviolenza presenti nei territori per aprire Sportelli antiviolenza volti a prevenire e contrastare la violenza di genere e anche di estendere l’indagine sulla popolazione universitaria per meglio indirizzare le azioni, in linea con quanto, peraltro, Unimore fa in queste settimane con il progetto PRIN coordinato dalla Prof.ssa Laura De Fazio.

Il ricco confronto delle esperienze degli Organismi di parità universitari, ugualmente iper-sollecitati dalle trasformazioni in atto e dalla necessità di trovare soluzioni adeguate, ha permesso di condividere idee, buone pratiche e obiettivi da raggiungere, evidenziando l’importanza di valutare gli effetti delle politiche adottate, in ottica intersezionale.

Certamente il convegno è stata un’occasione arricchente per il nostro ateneo e per il Cug Unimore, che ha permesso di far conoscere ciò che già si fa nell’ambito della parità di genere e del contrasto delle discriminazioni, ma anche di attingere nuovi spunti per azioni future.

Il 15 dicembre si sono tenute anche le elezioni del nuovo comitato di Presidenza ed è stata eletta la nuova presidente Ester Cois sociologa del territorio, Delegata del Rettore dell’Università di Cagliari per l’Uguaglianza di Genere e Presidente del Comitato Unico di Garanzia presso lo stesso Ateneo dove coordina il primo CEntro INterdisciplinare di ricerche e studi di Genere.

Tindara Addabbo, dopo due mandati alla Presidenza della Conferenza, e il Comitato di Presidenza uscente hanno espresso soddisfazione per la Presidente neoeletta e per la composizione del nuovo comitato composto da: Elisa Attili (Università di Macerata); Angelo Benozzo (Università Valle d’Aosta); Irene Biemmi (Università di Firenze); Anna Maria Cherubini (UniSalento); Ilia Negri (Unical); Cristina Rossi (Politecnico di Milano).

Il Comitato scientifico del Convegno ha visto impegnate/i oltre a personale docente e ricercatore Unimore (Tindara Addabbo, Rita Bertozzi, Thomas Casadei, Eleonora Costantini e Maria Chiara Rioli) esperti ed esperte provenienti da altri Atenei (Angelo Benozzo, Università della Valle d’Aosta, Nicolò Maria Ingarra e Natascia Mattucci, Università di Macerata, Raffaella Sarti, Università di Urbino Carlo Bo).

Il Comitato organizzativo ha visto impegnate/i Eleonora Costantini (Unimore e Segreteria Conferenza), Francesca De Rienzo e Maria Cristina Gamberini (CUG Unimore), Carlotta Serra e Margherita Grillo (Fondazione Marco Biagi) e Nicolò Maria Ingarra (Università di Macerata).

Angela O’Hagan, Professoressa su uguaglianza e politiche pubbliche presso il Dipartimento di Scienze Sociali della Glasgow Caledonian University, dove insegna uguaglianza, diritti umani e politiche pubbliche, coordina il Master of Sciences in Human Rights ed è vicedirettrice del Centro interdisciplinare WiSE centre for economic justice, è stata in queste settimane Visiting professor presso il Dipartimento di Economia Marco Biagi.

Le attività di ricerca e le pubblicazioni di Angela O’Hagan si concentrano su genere e politiche pubbliche, bilancio di genere, diritti umani e politiche pubbliche, bilancio partecipativo e governance. Presiede il gruppo consultivo del governo scozzese su uguaglianza e bilancio e co-coordina la Rete europea per il bilancio di genere.

Componente del comitato scientifico del progetto Horizon 2020 LeTSGEPs Leading Towards Sustainable Gender Equality Plans in research performing organizations, del Comitato Internazionale di Consulenza Scientifica del CRID, il Centro di Ricerca Interdipartimentale su Discriminazioni e vulnerabilità di Unimore e del progetto GE&PA (Gender Equality & Public Administration).

In queste settimane Angela O’Hagan ha tenuto un ciclo di seminari presso il Dipartimento di Economia Marco Biagi e la Fondazione Marco Biagi (FMB) nell’ambito del corso di dottorato Lavoro, Sviluppo e Innovazione (27, 30 Novembre, 5 e 12 Dicembre), nell’ambito del ciclo di seminari DEMB (28 novembre) e nell’ambito del ciclo di seminari del progetto GE&PA (14 dicembre).

Il ciclo di seminari ha messo a fuoco i bilanci di genere (approcci teorici, esperienze e resistenze nelle istituzioni), l’impatto di genere delle politiche pubbliche e la gender equality in Research Performing Organizations.

Quali sono gli obiettivi del bilancio di genere?    

Il bilancio di genere ha come obiettivo il cambiamento: modificare i processi e i sistemi consolidati per adottare un nuovo approccio alla gestione e al reperimento delle risorse pubbliche che mira a promuovere l’uguaglianza di genere e a ridurre le disuguaglianze.

In che misura la loro attuazione produce un miglioramento in termini di uguaglianza di genere? 

Attraverso il processo di analisi, che porta il processo decisionale di attribuzione delle risorse più direttamente all’interno dei processi decisionali politici, i governi e le autorità pubbliche, comprese le università, adottano decisioni “migliori”, più chiare e trasparenti. Il bilancio di genere consente di prendere decisioni politiche più eque, facendo emergere le disparità esistenti nei risultati e riorientando le risorse per ottenere risultati più equi e non riprodurre le disuguaglianze.


Secondo la sua esperienza, quali resistenze incontra l’attuazione del bilancio di genere nelle istituzioni?

Si tratta di una questione interessante, che credo vada esplorata molto più da vicino nei diversi contesti istituzionali.  Le variabili in gioco sono molteplici: la fiducia, la conoscenza dell’impatto di genere e delle sue cause e conseguenze, la richiesta ai responsabili delle finanze pubbliche e ad altri soggetti, che non lavorano abitualmente nell’ambito dell’analisi di genere, di occuparsene, il posizionamento organizzativo sull’uguaglianza di genere e la disposizione o meno a fare dell’uguaglianza di genere un obiettivo centrale dell’organizzazione o a relegarla come attività di secondo piano, la visibilità e la qualità della leadership sull’uguaglianza di genere e il “permesso” di agire per l’uguaglianza di genere.  A volte c’è una vera e propria resistenza, come una vera e propria opposizione dovuta alla mancanza di un accordo sul fatto che la disuguaglianza di genere persiste e che il perseguimento della parità di genere è un imperativo politico urgente per il bene comune.


Esempi di politiche pubbliche la cui progettazione potrebbe portare a un miglioramento della condizione femminile o, al contrario, che hanno un impatto negativo sul genere? 

Un’area in cui il bilancio di genere e le politiche pubbliche si integrano per fare la differenza nella condizione delle donne è l’area dei finanziamenti per la prevenzione della violenza contro le donne, dove le proposte di politica pubblica per la prevenzione e la protezione, la protezione e la denuncia devono essere pienamente finanziate per garantire la progressiva realizzazione del diritto delle donne a vivere in sicurezza e senza paura della violenza.  Come abbiamo discusso nei seminari di dottorato, altre aree politiche che richiedono un’azione immediata includono un congedo parentale più equo e maggiormente finanziato, per spezzare il ciclo delle relazioni di genere che stereotipizzano le donne e gli uomini nei ruoli di cura e che hanno un enorme impatto sulla condizione economica delle donne. E allo stesso modo la necessità di politiche di sviluppo delle competenze e di partecipazione al mercato del lavoro ben studiate, finanziate e mirate, che si basano su servizi di assistenza all’infanzia e servizi sociali finanziati per essere realmente efficaci. Un’area decisionale di politica economica o fiscale che ha regolarmente un impatto negativo sulle donne è quella in cui i governi scelgono di ridurre le tasse tagliando la spesa per i servizi pubblici.  Le donne fanno ricorso ai servizi pubblici per se stesse o gli altri più degli uomini, e quindi sono colpite in modo sproporzionato dalle riduzioni dei servizi e della spesa per i servizi pubblici.


I piani per l’uguaglianza di genere sono stati recentemente introdotti come prerequisito per l’accesso ai finanziamenti europei. In che misura la loro attuazione ha cambiato le università e gli istituti di ricerca? 

Penso che avere dei piani per la parità di genere come pre-requisito per l’accesso ai fondi pubblici, sia che si tratti di fondi per la ricerca dell’UE, sia che si tratti di altri fondi pubblici, come i dipartimenti governativi che negoziano con quelli finanziari, sia una risorsa molto solida.  Si tratta di un requisito di conformità, perché l’istituzione, il ministero, l’ente o il dipartimento vogliono i fondi.  Ma l’uso dei GEP deve essere attentamente monitorato per garantire che non sia un’operazione superficiale, “spuntando caselle”, e che la loro attuazione e i risultati siano attentamente monitorati e valutati.  Per le università e gli istituti di ricerca, ritengo che i piani per l’uguaglianza di genere siano una risorsa davvero positiva per il cambiamento.  Distruggono lo status quo e la staticità o l’inazione che si è verificata nell’accettare le persistenti disuguaglianze nei tempi di ricerca, nell’accesso alle risorse finanziarie e di altro tipo, nello squilibrio delle “faccende domestiche accademiche” che tendono a ricadere sulle donne.  I GEP significano che le università e le organizzazioni di ricerca devono agire per cambiare e compiere passi concreti verso una gestione delle opportunità più equa rispetto al genere.


Posso chiederle anche delle azioni per prevenire e combattere la violenza di genere? Stava parlando di un rapporto di valutazione a cui ha lavorato. 

La revisione strategica del finanziamento e della gestione dei servizi per la violenza contro le donne e le ragazze è stato un processo impegnativo, che ha affrontato un’ampia serie di questioni relative alla progettazione e alla gestione dei servizi, ai finanziamenti, ecc.  Abbiamo adottato un approccio basato sui diritti umani per includere i diritti delle donne e degli uomini in tutti i gruppi della popolazione e per sostenere il principio di non discriminazione; abbiamo inoltre sottolineato la mancanza di chiarezza e di visibilità su come i fondi per i servizi vengono assegnati, spesi e valutati.  Le nostre raccomandazioni non solo includono azioni specifiche sulla fornitura di servizi e su chi li fornisce – autorità locali, organizzazioni specializzate, ecc. – e le differenze tra l’offerta nelle aree urbane e in quelle remote e rurali, ma anche una serie di azioni per migliorare la trasparenza e la responsabilità del finanziamento dei servizi, oltre a rispettare gli impegni della Convenzione di Istanbul per garantire livelli di spesa commisurati ai livelli di violenza, che con una buona educazione pubblica, un impegno per l’uguaglianza di genere e un’offerta ben finanziata dovrebbero diminuire nel tempo. 

È possibile leggere il rapporto completo qui – https://www.gov.scot/publications/violence-against-women-girls-independent-strategic-review-funding-commissioning-services-report/

A Modena il Convegno annuale della Conferenza Nazionale degli Organismi di Parità