> FocusUnimore > numero 31- dicembre 202

Human rights and juvenile justice: the Regional Guarantor for Childhood and Adolescence of Emilia-Romagna guest speaker at a round table at the Law Department
A round table on Human Rights and Juvenile Justice was held near the “International Day of the Human Rights of Children” at the Law Department of the University of Modena and Reggio Emilia. The meeting was attended by Claudia Giudici, Regional Guarantor of Childhood and Adolescence of Emilia-Romagna, Luigi Fadiga, who first held the same position, at regional level, in the five-year period 2011-2016, and Francesca Baraghini, Head of the Unaccompanied Foreign Minors Service of the Municipality of Modena. The seminar, promoted by the CRID (interdepartmental research centre on discrimination and vulnerability) as part of the Cycle of Dialogues organised by the CRID Laboratory on Discrimination and Vulnerability within the Theory and Practice f Human Rights course held by Prof. Thomas Casadei, was confirmed as an important moment of advanced training for students and researchers. The discussion started with the recent publication of Luigi Fadiga’s book, Storie di giustizia minorile (stories of juvenile justice). Reflections and proposals resulting from Fadiga’s long experience in the field of juvenile justice, first as Judge of the Juvenile Court of Bologna and, later, as President of the Juvenile Court of Rome as well as, precisely, from 2011 to 2016 as Guarantor for Childhood and Adolescence of the Emilia-Romagna Region. The topics covered are of fundamental educational importance for children’s problem awareness and legal management.

Si è tenuta lo scorso 10 novembre 2022, in prossimità della “Giornata internazionale dei diritti umani dell’infanzia” (20 novembre), presso il Dip. di Giurisprudenza dell’Univ. di Modena e Reggio Emilia, la tavola rotonda su Diritti umani e giustizia minorile.

Hanno partecipato all’incontro Claudia Giudici, Garante regionale dell’infanzia e dell’adolescenza dell’Emilia- Romagna, Luigi Fadiga, che per primo ha ricoperto il medesimo incarico, a livello regionale, nel quinquennio 2011-2016, e Francesca Baraghini, responsabile Servizio Minori stranieri non accompagnati del Comune di Modena.

Il Seminario, promosso dal CRID – Centro di Ricerca Interdipartimentale su discriminazioni e vulnerabilità come parte del Ciclo di dialoghi organizzato dal Laboratorio CRID su Discriminazioni e vulnerabilità nell’ambito del corso di Teoria e prassi dei diritti umani tenuto dal Prof. Thomas Casadei, si è confermato come un importante momento di alta formazione per studenti e studentesse, ricercatori e ricercatrici.  

La discussione ha preso avvio dalla recentissima pubblicazione del volume di Luigi Fadiga, Storie di giustizia minorile. Riflessioni e proposte (Edizioni Junior – Bambini srl, 2022) che raccoglie suoi scritti che vanno dal 1993 al 2013, un lasso temporale durante il quale si sono succeduti numerosi provvedimenti legislativi.

Il volume è frutto della lunga esperienza di Fadiga nell’ambito della giustizia minorile, dapprima in qualità di Giudice del Tribunale per i Minorenni di Bologna e, in seguito, come Presidente del Tribunale per i Minorenni di Roma nonché, appunto, dal 2011 al 2016 come Garante per l’Infanzia e l’adolescenza della Regione Emilia-Romagna.

Partendo da quanto è stato (e da quanto, purtroppo, non è stato) fatto ad oggi nel campo dei diritti ai minori, nel volume si affrontano questioni che riguardano anche la futura legislazione: «si tratta di scrivere – ha affermato lo stesso Fadiga – un nuovo patto generazionale in una scala dove manca un gradino, quello che si è ignorato trascurando le riforme proposte negli anni Ottanta. Colmare quella lacuna si è fatto molto più difficile, ma non per questo si deve rinunciare a pensare e proporre».

A Fadiga, peraltro, va riconosciuto il merito di avere segnalato, forte della sua esperienza maturata nell’ambito della giustizia minorile, la mancanza di una formazione specifica, a livello accademico, sul Diritto dei minori tanto da avere favorito l’istituzione, nel 2016, di questo insegnamento anche presso il corso di studi in Giurisprudenza dell’Univ. di Modena e Reggio-Emilia.

Nel corso del Seminario si è trattato, nello specifico, del ruolo del Garante per l’infanzia e l’adolescenza, una figura autonoma e indipendente al quale è affidato il compito di promuovere e assicurare l’attuazione di tutti i diritti che la Convenzione delle Nazioni Unite del 1989 garantisce a bambini e bambine e a ragazzi e ragazze. L’Italia ha istituito questa figura su scala nazionale da poco più di un decennio, grazie all’approvazione della legge n. 112 del 12 luglio 2011, ed essa è andata ad aggiungersi, con una funzione di coordinamento, alle diverse figure già previste (e nominate) su scala regionale.

Vigilare sull’applicazione della Convenzione del 1989 nel territorio dell’Emilia-Romagna è uno dei compiti che la legge istitutiva attribuisce al Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza: a tutela della piena attuazione dei diritti e degli interessi, sia individuali sia collettivi, di bambini e bambine e di ragazzi e ragazze. Le azioni del Garante si concentrano in particolare nell’ambito dei servizi sociosanitari e scolastici, della giustizia minorile, della salute, dello sport, del gioco e della partecipazione.

Nel corso del suo intervento, Fadiga si è voluto soffermare, in particolare, su tre aspetti ancora non ‘compiuti’ nell’applicazione della Convenzione del 1989: quello dei bambini e delle bambine “senza targa”; la questione dei bambini e delle bambine – ma anche dei ragazzi e delle ragazze – in carcere (con o senza la madre); la questione, di sempre più urgente rilevanza, “bambino o bambina?”: ossia le disforie che riguardano i minori.

La prima questione, quella dei bambini e delle bambine “senza targa”, è strettamente correlata alla riforma civile attuata nei primi anni del 2000 ed è tale per cui un bambino o una bambina escono dal centro-nascita senza che ne sia avvenuta la registrazione, con tutti i potenziali rischi che ne possono conseguire. La Convenzione, in merito a questo, enuncia chiaramente che bambini e bambini devono essere immediatamente registrati al momento della nascita o nelle ore immediatamente successive.

Purtroppo le cose non stanno così: il Regolamento dello Stato civile consente che le registrazioni avvengano entro 10 giorni dalla nascita (o 3 giorni, se la registrazione avviene nel luogo della nascita); è evidente che si tratta di un tempo troppo lungo tenendo conto che ad oggi le dimissioni delle neo-mamme dai reparti ospedalieri avvengono entro le 36 ore dal parto. Questa condotta è soggetta a complicazioni anche di carattere penale dacché il neonato o la neonata vengono dimessi senza che sia stato loro attribuito un legale rappresentante (in quanto minori). La questione dei bambini e delle bambine “senza targa” può considerarsi una sorta di ‘termometro” dello ‘stato dell’arte’ dei diritti dei minori nel nostro Paese.

La seconda questione, quella dei/delle minori in carcere, deriva dall’esperienza di Fadiga nella sua veste di Presidente del Tribunale minorile di Roma e, nella fattispecie, dall’esperienza carceraria che riguarda la detenzione di ragazze nomadi accompagnate da figli.

In Italia il Sistema giuridico ha previsto l’istituzione dell’ ICAM, Istituto a custodia attenuata per detenute madri  in Italia, che è una struttura costituita in via sperimentale nel 2006 per consentire alle detenute madri che non possono usufruire di alternative alla detenzione in carcere di tenere con sé i loro figli. Si tratta, per Fadiga, pur sempre di carcere, di un luogo con le sbarre, da cui non si esce. Al momento dell’istituzione dell’ICAM i bambini o le bambine vivevano in carcere con la madre fino a 3 anni (Legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 14). Ora il nuovo ordinamento penitenziario ha portato il limite dell’età a 6 anni (Legge 21 aprile 2011, n. 62). Il dibattito nel merito resta molto acceso dacché è evidente che allontanare il minore dalla madre a una età più avanzata, può produrre traumi maggiori.

Una soluzione, per Fadiga, potrebbe essere quella dell’affidamento del minore a famiglie o a case-famiglia (si veda l’esperienza della casa-famiglia “La Gabbianella”) ma questa ipotesi trova l’opposizione delle madri detenute dacché queste temono il definitivo allontanamento dei figli.

Per quanto riguarda la questione dei ragazzi e delle ragazze (dai 14 anni in su) detenuti/e in carcere, i dati ci attestano che ve ne sono quasi 14 mila in Italia. 316 di questi detenuti veri e propri (il 58% ha raggiunto nel periodo di pena la maggiore età: sono giovani “adulti”); altri sono accolti in comunità o hanno ottenuto altre sistemazioni).

Gli Istituti Penali Minorili in Italia sono 17, distribuiti 7 nel centro-nord, 10 al Sud e nelle isole. Qui la maggior rate dei minori detenuti è in attesa di un giudizio definitivo e, per questo, non sono presi provvedimenti alternativi alla detenzione in carcere. Molti dei detenuti godono delle stesse misure previste per gli adulti (semi-libertà etc.).

Per quanto riguarda il personale carcerario, si tratta per lo più di agenti di custodia addetti alla sorveglianza. Sarebbero previsti anche educatori ma la maggior parte non sono operativi: pochi entrano nelle celle, pochi lo fanno in maniera professionale. Più facile che vengano impiegati negli uffici a stilare statistiche. Mentre operatori dei servizi sociali (quindi esterni alle strutture di detenzione) non sono ammessi a entrare nelle carceri.

Per quanto concerne la terza questione, quella sulle disforie di genere nella popolazione minore, Fadiga rivela come essa – pur affrontando un tema estremamente delicato – abbia già raggiunto i media (vedi la fiction “Mina Settembre” recentemente messa in onda dalla RAI): è segnale evidente che il costume è cambiato e sta cambiando molto velocemente, tanto che sono state emanate circolari in cui viene affrontata la responsabilità della scuola, assieme a quella dei genitori, nel riconoscimento e nel percorso di accompagnamento alla transizione nei minori.

La figura e il ruolo del Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Emilia Romagna, sono stati i temi specificamente affrontati nell’intervento di Claudia Giudici, psicologa e psicoterapeuta, per anni figura di riferimento del sistema educativo e formativo del Comune di Reggio Emilia, da febbraio 2022 nominata nuova Garante regionale per l’infanzia, assumendo l’incarico di dirigere e coordinare quell’ufficio a cui Fadiga, nel 2011, aveva dato forma e per il quale aveva definito le funzioni.

Ancor prima del 2011, anno della prima nomina, la Regione Emilia Romagna aveva previsto, nel suo Statuto, questa funzione del Garante per l’infanzia e l’adolescenza, “autonoma e indipendente” cui è demandata la difesa e la promozione dei Diritti dei minori in ossequio alla normativa nazionale e sovranazionale.

Ci si riferisce, nello specifico, all’attuazione della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia del 1989, ratificata dall’Italia nel 1991 (alla Convenzione si accompagnano due protocolli opzionali che l’Italia ha ratificato nel 2002); alla Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei minori  del 1996, ratificata dall’Italia nel 2003; da ultimo alla Legge n. 112 del 2011, con la quale si è istituita la figura del Garante per l’infanzia al fine di assicurare a livello nazionale la piena attuazione della Convenzione di New York sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

Ad oggi la rete dei garanti regionali è stata completata, dopo un lungo processo. La legislazione regionale ha attribuito funzioni diverse da regione a regione ma costante, nella definizione delle ‘mansioni’, rimane l’autonomia e la capacità di mettere a regime diversi saperi e diverse competenze. Inevitabile, pertanto, l’interazione con altri organismi regionali, a partire da quelli giudiziari a quelli socio-sanitari a quelli del sistema educativo-scolastico. Il Garante è quindi una figura “di sistema fra sistemi”.

Lo stesso sistema di garanzia dei diritti è complesso perché deve tenere conto della trasformazione delle famiglie, del cambiamento dei rapporti fra Stato e cittadino, del sistema socio sanitario dei servizi alla persona e, non ultimo, del dibattito in corso sulla tutela stessa dei diritti.

Diverse le linee del mandato, che si estrinsecano principalmente nell’area dedicata all’ascolto, nella funzione di intermediazione (anziché di supplenza o, addirittura, di interferenza) e di collegamento fra i diversi sistemi (in primis, amministrativo e giudiziario).

Al Garante, nella sua funzione di difesa dei diritti del “bambino-cittadino” (di quell’infans che già il diritto romano tutelava in quanto “incapace di parlare” e, quindi, sostanzialmente di agire) va anche il compito di promuovere una efficace cultura del rispetto e della emancipazione che ruota intorno ai minori, intesi come soggetti pensanti e autori delle proprie scelte e della loro vita (Convenzione del 1989, art. 12). Su questo si fondano i criteri-guida del mandato del Garante per il prossimo quinquennio (2022-2026).

L’intervento di Francesca Baraghini, Responsabile Servizio Minori stranieri non accompagnati del Comune di Modena, ha preso le mosse da alcune riflessioni sulla soggettività di diritto di una particolare categoria di minori: i minori stranieri non accompagnati (i cosiddetti MSNA).  Il minore straniero non accompagnato viene definito dall’attuale normativa come “il minorenne non avente cittadinanza italiana o dell’Unione europea che si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato o che è altrimenti sottoposto alla giurisdizione italiana, privo di assistenza e di rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell’ordinamento italiano”.

Si tratta di una categoria di minori che presenta alcuni aspetti peculiari e tipici, che la dottrina ha spesso ricondotto al profilo della vulnerabilità; il riferimento è infatti a soggetti vulnerabili in quanto “minori”, in quanto “migranti” e in quanto “non protetti da una rete di relazioni parentali” in una fase della propria vita nella quale si è particolarmente fragili sul piano psico-fisico, rispetto agli adulti.

Ѐ a partire da questa vulnerabilità e dalla peculiarità della sua condizione, anche giuridica, che la normativa ha avviato, ma solo in parte portato a termine, un percorso di specificazione dei diritti: quel processo attraverso il quale diritti dalla titolarità universale vengono espressamente riferiti e precisati in relazione a specifiche categorie di soggetti. Così i diritti riconosciuti universalmente a tutte le persone di minore età grazie alla Convenzione ONU sui diritti del fanciullo del 1989, sono stati declinati, nel nostro ordinamento interno, a favore degli MSNA con la Legge n. 47 del 2017.

Da ultimo Baraghini ha riservato una riflessione che parte da una enunciazione del teorico del diritto e dell’argomentazione giuridica scozzese Neil MacCormick in un saggio del 1976 in cui indicava i diritti dei bambini come un tast-case, una “prova del fuoco” per le teorie dei diritti. Ad oggi si può rilevare come i diritti dei MSNA non riescano a superare pienamente la prova. Rilevanti sono, per Baraghini, ancora le ombre, sostanziali e procedurali, e tanto è ancora il lavoro da fare in termini interistituzionali; non solo: non basta il coinvolgimento delle sole istituzioni minorili e nemmeno delle sole istituzioni degli ordinamenti interni, devono essere coinvolti i consolati dei paesi di provenienza e anche le procure e i tribunali ordinari. Nonostante le ombre sembrino avere la meglio, è fondamentale rimettere al centro quella “soggettività di diritto”, che resta “stella polare” affinché ognuno, nell’ambito delle proprie competenze, possa far riemergere quelle luci che la stessa recente normativa ha comunque intuito.

Diritti umani e giustizia minorile: la Garante regionale dell’infanzia e dell’adolescenza dell’Emilia-Romagna ospite di una tavola rotonda a Giurisprudenza