> FocusUnimore > numero 4 maggio 2020

A tutti noi è capitato di scrivere una email e di essere indecisi sull’oggetto, perché è la prima cosa che il destinatario legge e smuove l’eventuale interesse per il corpo del messaggio. Anche io, quando ho scritto l’email con il rapporto sui dati della didattica a distanza erogata da Unimore in questo periodo di emergenza pandemica ero indeciso tra un più freddo, ma istituzionale, “Dati sulla didattica a distanza” e un più accattivante, ma fuori dagli schemi, “Unimore c’è”.

Dopo averci pensato, ho optato per la seconda opzione, non perché volessi giocare sull’effetto attrattivo del titolo, ma perché mi sembrava descrivesse più fedelmente la tensione profusa da docenti, tecnici e studenti di Unimore per riaffermare la propria presenza come comunità di persone e come istituzione che non intende piegarsi alle – purtroppo – limitative circostanze. Nel primo mese di sospensione delle lezioni in presenza ho infatti colto un incredibile sforzo non solo per trovare una soluzione a una situazione difficile a cui non eravamo preparati, ma anche una incredibile disponibilità da parte di tutti a “mettersi in gioco” in modo nuovo.

Qualche collega più perplesso e restio ad accogliere la sfida imposta da una mutata e imprevedibile situazione mi perdonerà se dico che questo “mettersi in gioco” ha fatto fare a tutti un balzo nella crescita personale, più di una conoscenza o di una competenza o di un convegno. Questi ultimi rimangono sì capisaldi importanti della crescita di una comunità come quella universitaria, ma mi piace cogliere un aspetto positivo anche in una situazione drammatica come quella attuale.

Certo i problemi non sono mancati, alcune scelte sono state criticate, altre lo saranno sicuramente anche in futuro, qualcuno si sarà trovato in difficoltà più di altri, ma i risultati acquisiti sono stati evidenti ed apprezzati dagli studenti, perché nessun corso di studio si è interrotto e tutti i colleghi si sono adeguati a proporre lezioni a distanza.

Una delle soddisfazioni più belle è stata quella di vedere docenti, con una lunga esperienza alle spalle di didattica erogata in presenza, impegnarsi e appassionarsi a modalità che probabilmente non avrebbero mai pensato appartenessero al loro bagaglio accademico. La curiosità, che è da sempre la molla delle grandi scoperte e delle grandi invenzioni, ha fatto sì che potessimo imparare non solo cose nuove, ma anche nuovi modi per fare le cose abituali. Un grosso contributo l’ha dato anche la capacità di adattamento che, senza bisogno di scomodare Charles Darwin, ho sempre ammirato come caratteristica fondamentale dell’umanità. E il resto lo ha fatto l’impegno quotidiano di ognuno di noi.

Che cosa rimarrà di questo periodo destinato a protrarsi ancora nel tempo?

Sicuramente sarà necessaria una verifica, perché solo sottoponendo ad un esame attento “ciò che è stato fatto” e “come è stato fatto” potremo avere la lucidità e la consapevolezza per essere preparati a fare meglio le cose in futuro. Altrettanto importante sarà recuperare le relazioni interpersonali e le attività in presenza, che continuano a rappresentare un valore aggiunto a qualsiasi attività didattica e di formazione. Ma i suggerimenti che ci vengono da questa esperienza per il futuro sono molteplici, a partire dall’esigenza di focalizzarsi sui contenuti importanti delle lezioni, passando per l’uso di strumenti di inclusione e senza dimenticare di avere appreso nuove modalità di interazione e di collaborazione che possono rivelarsi efficaci anche quando si tornerà alla “normalità”.

Concludo queste riflessioni ringraziando tutti e tutte per l’impegno profuso a vari livelli e chiedo di non abbassare la guardia. La strada è stata tracciata, ma ci aspettano ancora sfide impegnative.

Giacomo Cabri
Delegato del Rettore alla Didattica

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