FocusUnimore num.0 gennaio 2020

Ricostruire il funzionamento del cervello umano al computer entro il 2030 è l’obiettivo del progetto europeo “Human Brain Project” nel quale entrerà Unimore a marzo 2020 grazie a SMART BRAIN, il progetto di ricerca triennale coordinato da Jonathan Mapelli, docente di Fisiologia del Dipartimento Scienze biomediche, metaboliche e neuroscienze.
SMART BRAIN, finanziato con un importo di oltre 750.000 euro nell’ambito dei progetti europei FLAG- ERA, ha come obiettivo la ricostruzione morfologica in 3D di tessuto cerebrale umano proveniente dal lobo temporale di pazienti epilettici, non trattabili farmacologicamente, utilizzando tecniche di microscopia all’avanguardia unite a metodiche di machine learning e intelligenza artificiale.
Tre le unità operative coinvolte: Unimore, che coordina il lavoro; l’unità di neurochirurgia diretta dal Prof. Sylvain Rheims, con sede a Lione (Francia); l’unità di bioinformatica diretta dal Prof. Raf Va De Plas a Delft (Paesi Bassi). Le unità di Modena e di Lione si occuperanno della raccolta dei campioni, la prima procederà anche all’analisi morfologica degli stessi in collaborazione con il Dott. Ludovico Silvestri del LENS di Firenze, e l’unità di Delft sarà responsabile dell’analisi bioinformatica dei dati.
Per la raccolta dei campioni a Modena, il Prof. Jonathan Mapelli si avvarrà della collaborazione del Prof. Stefano Meletti, Direttore dell’unità di Neurologia dell’Ospedale civile di Baggiovara.
Ricostruire l’architettura del tessuto cerebrale è l’approccio del Prof. Mapelli che ricorrerà a tecniche di microscopia all’avanguardia per ricostruire l’organizzazione strutturale di porzioni di cervello umano, ambito di ricerca di cui si interessa da oltre 15 anni con un approccio multidisciplinare che coinvolge competenze di fisica, chimica, biologia cellulare e molecolare, neuroscienze ed informatica.
L’analisi morfologica in 3D è resa possibile dall’utilizzo di due tecniche di microscopia all’avanguardia: la microscopia a due fotoni e la microscopia di svuotamento dell’emissione stimolata (STED). La microscopia a due fotoni eccita il campione sfruttando l’assorbimento simultaneo di due fotoni nell’infrarosso (800-900 nm) e questo comporta due vantaggi: le lunghezze d’onda utilizzate sono meno dannose per le cellule e penetrano più profondamente.
Il laboratorio del Prof. Mapelli, dislocato nei locali del Biostab al Policlinico di Modena, si è dotato di un prezioso strumento per la microscopia a due fotoni, grazie al contributo del MIUR, nell’ambito dei fondi premiali per i Dipartimenti di eccellenza nel quadriennio 2018-22.
La microscopia STED, strumento presente al Centro Grandi Strumenti, permette ad un microscopio confocale di raggiungere una risoluzione nell’ordine dei 50 nm.
SMART BRAIN analizzerà ad altissima o alta risoluzione solo una piccola porzione del campione ed utilizzerà questi dati per ricostruire la struttura della parte rimanente.
Al termine dell’indagine microscopica saranno disponibili tre livelli di conoscenza del tessuto: uno ad altissima risoluzione, su un frammento piccolissimo di campione; uno a risoluzione dieci volte minore, su un frammento dieci volte più grande; uno a bassa risoluzione, su tutto il tessuto. L’obiettivo finale è ricostruire l’architettura dell’intero campione: qui entra in gioco l’unità di bioinformatica del Prof. De Plas che ha sviluppato algoritmi di machine learning e intelligenza artificiale, in grado di sfruttare i dati ad alta risoluzione ottenuti in una piccola porzione di tessuto per ricostruire ad alta risoluzione la struttura dell’intero campione.
Rilevanti sono le ricadute attese in ambito medico per quanto riguarda l’insorgenza dell’epilessia.

Jonathan Mapelli è Professore associato di Fisiologia generale (SSD BIO/09) presso il Dipartimento di Scienze Biomediche, metaboliche e neuroscienze.
Nato a Merate (LC) nel 1976, si è laureato in Fisica nel 2002 con una tesi in Fisiologia, riguardante le connessioni sinaptiche fra cellule del Golgi e cellule granulari nel cervelletto nel ratto.
Nel 2005 ha ottenuto il dottorato in Scienze fisiologiche presso l’Università di Pavia, analizzando l’organizzazione spaziale e la plasticità dello strato granulare cerebellare con tecniche di imaging innovative.
Dopo il dottorato, ha approfondito i propri studi in diverse, prestigiose sedi, tra cui il Laboratorio di Spettroscopia Non Lineare (LENS) di Firenze e il Brain Connectivity Center dell’IRCCS “Istituto Casimiro Mondino” di Pavia.
Nel 2011 è assunto in ruolo come Ricercatore in Fisiologia generale presso il nostro ateneo, e dal 2018 è Professore associato nello stesso SSD.

The Human Brain Project (HBP) nasce nel 2011 dall’idea di Henry Markram: provare a simulare in silico il funzionamento della mente umana.
È uno dei quattro “progetti bandiera” (flagship) di Future and Emerging Technology, i più grandi progetti scientifici mai finanziati dall’Unione Europea, nel quale sono impiegati direttamente circa 500 scienziati in oltre 100 università in tutta Europa.
L’approccio iniziale del progetto era partire dalla simulazione della struttura e del funzionamento delle singole cellule, che costituiscono il cervello, per arrivare a ricostruirne la rete di relazioni tra le cellule a livelli di complessità crescenti, fino a simulare l’intero cervello.
Oggi HBP utilizza anche approcci alternativi e diversi gruppi di ricerca partono da una prospettiva inversa: studiare le dinamiche di funzionamento di reti neuronali cerebrali molto estese e di quali siano i principi funzionali ed organizzativi che consentono di comunicare tra di loro.

Le ricerche sul cervello umano sviluppate a Unimore trovano riconoscimento nel progetto europeo “Human Brain Project”