> FocusUnimore > numero 11 – gennaio 2021

Gli sviluppi in corso nelle tecnologie digitali hanno dato origine a un’ampia gamma di nuove forme di media che spesso coinvolgono più modalità semiotiche: verbali, visive, uditive, spaziali e gestuali.

Lavorare con le tecnologie multimodali e multimediali coinvolge l’intera gamma di pratiche sociali osservate e prodotte nelle discipline umanistiche: dai sistemi di gestione dei contenuti alle pagine web aziendali e istituzionali, dai social media alle arti performative digitali, compresi i complessi processi di creazione di significato dell’interazione faccia a faccia e la natura multimodale dei testi scritti.

L’attuale sviluppo nella produzione di media è anche caratterizzato dalla “transmedialità”, ovvero la possibilità di diffondere “contenuti” su quante più piattaforme o media possibili: ad esempio la promozione di eventi dal vivo e di gadget, il lancio di un nuovo prodotto (culturale) sulla rete e sui canali social.

Il termine “transmedialità” viene utilizzato per includere diversi fenomeni che non sono specifici di un media e possono quindi essere realizzati in un gran numero di media diversi. 

Nato nel mondo del discorso letterario, il termine si è esteso a una grande varietà di discorsi diversi in cui sono in gioco costellazioni di testi, come ad esempio le campagne crossmediali nel discorso politico, il marchio o la scienza pubblica.

Nello studio della transmedialità, è importante tenere conto non solo delle dinamiche dei molteplici attori coinvolti, ma anche della loro interazione con la personalizzazione algoritmica e con le offerte delle diverse piattaforme.

Queste componenti insieme svolgono un ruolo fondamentale nel plasmare l’opinione pubblica influenzando i dibattiti collettivi.

               Negli ultimi anni siffatte dinamiche sociali sono state indagate soprattutto utilizzando big data e metodi digitali, evidenziando fenomeni come la diffusione della disinformazione e di fake news, modelli di manipolazione dell’opinione e polarizzazione nel dibattito pubblico. Basti qui citare il caso delle elezioni statunitensi del 2016. Recentissimamente alcuni studi hanno proposto un modello di analisi del comportamento degli utenti sui social con l’obiettivo di individuare in anticipo le notizie e i temi con maggiori probabilità di diventare oggetto di fake news. Quello che deve far suonare un campanello d’allarme è l’aumento della polarizzazione, intesa come potenziale estremizzazione delle opinioni degli utenti.

               D’altra parte, poche ricerche hanno ad oggi esplorato le dimensioni linguistiche e semiotiche di questi fenomeni, determinando la necessità di identificare nuove prospettive teoriche e analitiche, come la “semiotica sociale multimodale” o l’“analisi del discorso-interazione multimodale”.

               Per cercare di dare un contributo concreto a questo tipo di prospettiva di ricerca, all’interno del corso in Digital Humanities and Digital Communication del Dottorato in Scienze Umane è stata organizzata, con la collaborazione della Fondazione Marco Biagi, una serie di lezioni online per dottorandi/e, giovani ricercatrici e ricercatori che lavorano nell’area della comunicazione digitale e delle discipline umanistiche digitali (i webinar realizzati sono ora reperibili e visibili su http://www.summerschooldigitalhumanities.unimore.it/digital-communication-and-digital-humanities-2020-lecture-series-multimodality-and-transmediality/videos/)

               Gli appuntamenti, che hanno visto gli interventi di docenti di chiara fama internazionale, hanno costituito la preparazione per la nuova edizione della Summer School “Digital Humanties and Digital Communication: Multimodality and Transmediality” che si terrà a Modena il prossimo giugno 2021.

               Gli argomenti trattati spaziano dalle risorse digitali per la ricerca nelle discipline umanistiche all’uso di nuove tecnologie dell’informazione per l’analisi dei dati, dagli strumenti per analizzare la comunicazione nei nuovi media alle modalità di diffusione della conoscenza attraverso inedite forme di elaborazione e accesso alla conoscenza.

Tra gli interventi ai vari panel, si segnalano, oltre a quello di Walter Quattrociocchi dell’Univ. La Sapienza di Roma con il suo intervento “From confirmation bias to eco chamber. A data driven approach”, quelli di Bill Cope e Mary Kalantzis della University of Illinois sul tema “Parsing Multimodality: Towards a Transpostional Grammar” o di Geoffrey Williams della University of Bretagne Sud e di Bernd Meyer del Research Center of Social and Cultural Studies di Mainz rispettivamente su “Building corpora that represent something in language” e “Annotation as theory: metadata, annotations and other layers of information for multilingual spoken language corpora”. Tra le lectures, invece, si evidenziano quelle tenute da Massimo Riva della Brown University sul tema “Transmedia “Storytelling and Modular reading” e quella di Naomi Baron dell’American University Washington dal titolo suggestivo “Is Reading Boring?”, incentrate su sfide e opportunità della lettura nel mondo digitale, mentre dell’impatto della pandemia sulla comunicazione multimodale ‒ “Multimodality and the pandemic” ‒ ha parlato Elisabetta Adami della University of Leeds.

A integrazione di una prospettiva più squisitamente umanistica, sono intervenute figure di rilievo nel campo dell’informatica come Gerhard Weikum, della Max Planck Institut für Informatik Saarbrücken, che ha presentato una introduzione all’intelligenza artificiale ‒“What Computers Know, Learn and Can Be trusted With” ‒ e Roberto Zicari della Goethe University di Francoforte che ha affrontato temi di etica nell’intelligenza artificiale: “Assessing Ethical AI. Z-Inspection: a holistic and analytic process”.

Completava il ciclo una serie di workshop che si muovevano dallo “Spatial Discourse” nei musei, incentrato sull’analisi del Museo Ferrari, tenuto da Louise Ravelli della University of New South Wales di Sydney, al software Iramuteq per l’analisi multidimensionale dei testi, affrontato da Julien Longhi della University of Cergy-Pontoise, all’archivio digitale di Gerusalemme, trattato da Chiara Rioli della Fordham University e Università Ca’ Foscari di Venezia.

Si sono così poste le basi per quelle che saranno le attività della Summer School già menzionata che rappresenta un’importante opportunità per acquisire nuove conoscenze e accogliere ricerche innovative nel campo della comunicazione digitale e nell’analisi dei dati.

Alla base vi è un progetto, coordinato dalla Professoressa Marina Bondi per il Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali, che promuove quattro edizioni (2019 – 2022) della Summer School.

L’analisi multimodale e la comunicazione digitale multimodale” ‒ come spiega la Professoressa Bondi ‒ “pongono sicuramente delle nuove sfide e aprono una serie di opportunità nel campo della ricerca, dove l’interdisciplinarietà diventa essenziale, con un intreccio di competenze che per forza di cose escono dai rigidi confini disciplinari, in cui il linguista o lo storico dialogano con l’ingegnere informatico, dove i big data e l’AI escono dai corsi di informatica per essere utilizzati e sfruttati dagli umanisti. E la formazione di studenti e studentesse e di dottorandi e dottorande, in questo senso, è un tassello fondamentale per la ricerca futura”.

Due estratti dai video degli interventi di Elisabetta Adami (University of Leeds) e Massimo Riva (Brown University)

Le tecnologie multimodali e multimediali nelle discipline umanistiche: nuove ricerche e prospettive