> FocusUnimore > numero 35 – aprile 2023

THE ERASMUS EXPERIENCE THROUGH THE EYES OF STUDENTS WITH SPECIFIC LEARNING DISORDERS
The ERASMUS+ Programme for Study is a form of collaboration among Universities that give students the opportunity to spend a period of study abroad in UNIMORE partner universities. The issue of international mobility for the most vulnerable students has been receiving more and more protection in recent years, and proof of this can be found in recent surveys, which show that more and more students with disabilities or with SLDs are participating in Erasmus exchange experiences. For students with special needs relating to physical, sensory, mental or health conditions, the choice of venues must be agreed with the coordinating teacher in order to check in advance the availability as well as any reception conditions at the partner venues.  It is important that students with special needs, including SLDs, also report their status to the International Relations Office and the Office for the Reception of Students with Disabilities and SLD. This makes it possible to support a synergetic collaboration between the student and the offices dedicated to disability and SLD and those dedicated to the management of study abroad experiences. We asked a number of Unimore students diagnosed with a specific learning disorder, who left in previous years for the Erasmus experience, to tell us about their personal and academic experiences, in order to provide those who would like to experience this adventure with indications and information of various usefulness.

Il Programma ERASMUS+ per Studio è una forma di collaborazione tra Università che permette agli studenti di trascorrere un periodo di studio all’estero presso Atenei partner di UNIMORE e rientra nella programmazione Erasmus+ 2021-2027, normata dal Regolamento (UE) n. 2021/817 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 maggio 2021 e dalla Guida al programma Erasmus+ 2021-2027. Nell’ambito del Programma ERASMUS+ Mobilità per Studio, l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia offre ai propri studenti l’opportunità di effettuare un periodo di studio (da 2 a 12 mesi) presso una delle Università con le quali ha sottoscritto un accordo di scambio. Tramite l’ottenimento dello status di studente Erasmus viene garantita la possibilità di seguire i corsi, sostenere gli esami ed usufruire delle strutture dell’Ateneo ospitante – senza pagare tasse presso quest’ultima. È, inoltre, garantito il riconoscimento accademico dell’attività svolta all’estero, concordata prima della partenza con i docenti responsabili della mobilità.

Gli studenti di UniMORE possono prendere parte a questo Programma Europeo di rilevanza fondamentale tramite i Bandi di selezione pubblicati annualmente dalla nostra Università. La selezione degli studenti avviene sulla base del Bando di Ateneo, che viene pubblicato ogni anno per periodi di studio che si svolgono tra il 1° giugno dello stesso anno e il 30 settembre dell’anno successivo. Possono candidarsi gli studenti dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia che siano regolarmente iscritti, anche fuori corso, ai corsi di laurea, laurea magistrale, laurea magistrale a ciclo unico, dottorato, che rientrano nell’offerta formativa dell’Ateneo.

Il tema della mobilità internazionale per gli studenti più fragili sta ricevendo sempre più tutela negli ultimi anni, a riprova di ciò ci sono le cifre, reperibili in alcune rilevazioni recenti, che raccontano come gli studenti con disabilità o con DSA che partecipano a esperienze di scambio Erasmus siano sempre di più.

Per gli studenti con esigenze speciali relative a condizioni fisiche, sensoriali, mentali o di natura sanitaria è necessario che, in fase di candidatura, la scelta delle sedi venga concordata insieme al docente coordinatore al fine di verificare anticipatamente la disponibilità nonché le eventuali condizioni di accoglienza presso le sedi partner.  È bene che gli studenti con bisogni speciali, anche DSA, segnalino il proprio status anche all’Ufficio Relazioni Internazionali (studentmobility@unimore.it) e all’Ufficio Accoglienza Studenti con disabilità e con DSA.

Lo scopo è sostenere una collaborazione sinergica tra lo studente e gli uffici dedicati alla disabilità e ai DSA e quelli adibiti alla gestione delle esperienze di studio all’estero.

Abbiamo chiesto, a tal proposito, ad alcuni studenti Unimore con diagnosi di disturbo specifico di apprendimento, partiti negli anni scorsi per l’esperienza Erasmus, di raccontarci il loro vissuto personale ed accademico, per fornire a chi volesse sperimentarsi in quest’avventura indicazioni e informazioni di varia utilità. Di seguito riportiamo le interviste e la selezione di alcune loro interessanti risposte.

Come mai hai scelto di partire per l’Erasmus?

Per un unico motivo: uscire dalla comfort zone e fare un’avventura “tutelata”. L’ho vista come un’occasione da sfruttare per aumentare le mie skills personali e professionali.

Ho scelto di cogliere l’opportunità dell’Erasmus Studio perché, al giorno d’oggi, un’esperienza all’estero vale più di un ottimo voto, soprattutto nel mio campo (Scienze della Comunicazione). Saper parlare più lingue, confrontarsi con colleghi internazionali e mettersi in gioco, sono i presupposti, a mio avviso, di una crescita personale e formativa.

Innanzitutto, come esperienza scolastica, ma anche di vita e per un futuro lavorativo. Avevo desiderio di sfruttare un’esperienza dove puoi imparare una lingua, crescere e in futuro avere la possibilità di dimostrare, ad un’ipotetica azienda che assume, una tale esperienza di accrescimento.

Dove sei stato? Per quanto tempo?

 Sono stato aValencia per dieci mesi. Avevo in realtà inserito diverse destinazioni ma non ne preferivo nessuna in particolare. L’importante era poter partire e fare quest’esperienza.Quando si fa la richiesta ci sono diversi aspetti che vengono considerati e che bisogna allegare alla domanda: la modulistica specifica, scrivere una lettera motivazionale e la media universitaria. Il candidato poi può inserire i luoghi di destinazione preferiti; per ognuno di questi ci sono dei vincoli di posti disponibili e di lingua conosciuta.

Sono stato aBarcellona anche se in realtà avevo vinto la borsa di studio per Terrassa, una cittadina della Catalogna, abbastanza vicina a Barcellona. Sono riuscito a chiedere un trasferimento e poter fare tre giorni a Terrassa e tre a Barcellona. Volevo vivermi la città e la vita universitaria nel miglior modo possibile e sentivo limitante rimanere tutto il tempo in una piccola cittadina universitaria. Ho vissuto così per 5 mesi a Barcellona, da settembre 2021 a febbraio 2022, spostandomi a Terrassa quando mi era necessario.

Hai avuto il desiderio e/o la possibilità di comunicare la tua diagnosi? Se sì, come è avvenuta la comunicazione (quale procedura hai seguito)?

Ho comunicato subito la diagnosi grazie alla mediazione tra l’Ufficio DSA di UNIMORE e la referente spagnola degli studenti Erasmus che si è occupata di me anche in qualità di studente con diagnosi di DSA. A lei ho inviato la relazione clinica e la richiesta per le misure compensative utili durante gli esami. Non ho percepito comunque di aver avuto grandi facilitazioni per la diagnosi, nel senso che mi è parso di intuire che tutti gli studenti avessero gli stessi supporti. Ad esempio, io potevo tenere sotto mappe, appunti ma anche gli altri potevano fare lo stesso.  Inoltre, mi è sembrato che gli studenti Erasmus fossero molto coccolati e tutelati e non mi sono mai sentito penalizzato, anzi tutt’altro.

Nella mia esperienza in Spagna non ho volutamente richiesto le misure compensative. Subito ho provato ad informarmi, ma vista la richiesta di tanta modulistica ho desistito. Fondamentale per me è stato il dialogo con il docente, l’essere riconosciuta e la modalità di lezione teorica/pratica.

La lingua diversa è stata un ostacolo? Come lo hai superato?

Ho seguito un corso di spagnolo (usufruendo anche di uno sconto per studenti Erasmus), durato 3/4 mesi per imparare la base; finito quello mi sono iscritto al corso B1. Nel frattempo, ho provato a dare esami ma con difficoltà. Ero già consapevole che queste ci sarebbero state. La prima sessione non ho passato neanche un esame. Se non ci fosse stato il problema linguistico, credo che sarei riuscito a dare tantissimi esami perché la didattica spagnola è organizzata molto bene con una parte pratica ed una teorica e la valutazione pratica ti dà già una buona possibilità di passare l’esame.

Avendo fatto ai tempi della scuola superiore una precedente esperienza fuori sede in Canada, avevo imparato a “buttarmi” nelle conversazioni, quanto meno cercando di farmi capire; seppur non abbia mai avuto uno spagnolo corretto al 100% in poco tempo ho iniziato a presentarmi davanti alla classe senza particolari problemi. Ho deciso anche di sostenere gli esami in spagnolo piuttosto che in lingua inglese proprio per cercare di studiarlo ed imparare ad utilizzarlo al meglio.

In Spagna ho frequentato un corso di spagnolo e lì sono prevalse le mie caratteristiche di apprendimento (DSA). Per quanto concerne la grammatica, ho notato che alcuni compagni di corso riuscivano a comprendere e soprattutto a memorizzare i verbi irregolari, io dovevo ripeterli più e più volte. C’è stato un momento che avevo pensato di uscire dalla classe perché il confronto con i miei colleghi mi faceva sentire inadatta. Quindi i momenti di debolezza ci sono e ci saranno, indipendentemente dalla diagnosi di DSA o meno. Essere consapevoli delle proprie capacità o difficoltà è importante (io, per esempio, so di avere una buona memoria visiva) e rappresenta la chiave per portare a casa successi o per vivere al meglio gli insuccessi, perché alle volte è normale non farcela. Per poter fronteggiare questi momenti di difficoltà bisogna saper “chiedere aiuto”, accettare le proprie difficoltà di apprendimento e lavoraci su.

I metodi di insegnamento erano diversi? Come hai fatto ad adeguarti?

Nettamente diversi: con più esercizi, più pratica, progetti di gruppo ed attività laboratoriali. Lo studio richiesto è molto blando ma sento di aver imparato paradossalmente molto di più, perché ho appreso competenze maggiormente pratiche, spendibili concretamente sul piano professionale. Con questo metodo mi sono trovato estremamente bene perché più affine al mondo di oggi e al mio modo personale di apprendere. A livello generale credo che le lezioni pensate con un approccio più pratico stimolino di gran lunga l’interesse.

Partendo al terzo anno non avevo numerosi esami da sostenere, però le modalità di lezione erano a sostegno delle mie caratteristiche di apprendimento. Di solito erano così strutturate: quattro ore di lezione a settimana suddivise in due di teoria e due di pratica. Ogni settimana, massimo ogni due settimane, avevamo dei compiti pratici la cui votazione si andava a sommare nel voto complessivo finale. È stato complesso perché avevo tante cose da fare, ma altrettanto preferibile alla modalità italiana perché permette di entrare “nel vivo della materia”.

Com’erano le modalità d’esame?

L’esame è pensato solo come un consolidamento di quanto appreso precedentemente. Nella loro realtà universitaria non è l’esame a dire se uno studente abbia studiato o meno; si dà molta più importanza alla partecipazione attiva, alla lezione e ai lavori di gruppo, che per loro vale come dimostrazione di quel che si è appreso.

Gli esami erano differenti da materia a materia, sicuramente li affrontavi dopo aver fatto numerosi esercizi di pratica.

Come potevi richiedere le misure compensative? Quali erano? Se non le hai richieste perché?

Potevo richiedere le misure parlando con la referente che citavo prima, una settimana circa precedente all’esame, soprattutto quando avevo la necessità di utilizzare mappe, appunti (che mi facevano stampare e tenere sotto). Non ho mai potuto richiedere la trasformazione di un esame scritto in orale credo per una questione di tempistiche anche se avrei preferito, essendo la modalità che prediligo, e che anche in Italia ho spesso utilizzato per sostenere le prove. Mi era, inoltre, concesso un tempo aggiuntivo pari al 10% in più; a volte capitava che il docente mi si avvicinasse per chiedermi se necessitassi di ulteriore tempo ma non ne ho mai sentito la necessità. Come non ho mai usufruito di un tutor che potesse leggere al mio posto perché non lo ritengo uno strumento utile. Comunque, in generale, mi sono sentito molto tutelato, in primis in qualità di studente Erasmus.

Una volta comunicata la diagnosi, ci si accordava con il docente tramite mail per le misure da richiedere di volta in volta. Una procedura molto simile a quella italiana con la differenza che in Italia gli strumenti vengono effettivamente concessi tutti con maggiore disponibilità.

Pensi ti abbia cambiato come esperienza? Se sì, in che modo?

È da quando sono tornato che mi chiedo in che cosa sono cambiato. Credo sia nel dare il giusto peso ai problemi e per quanto riguarda l’Università valutare meglio gli esami prima di darli: razionalizzo di più quello che leggo, mettendoci più curiosità, interesse.

Sicuramente dal punto di vista personale, ma non nascondo che penso al tornaconto lavorativo futuro: ormai è necessario arricchire il proprio Curriculum Vitae, riflettere su come ci si propone. Un messaggio per me importante per chi leggerà è che UniMORE ti offre questa opportunità ed è importante coglierla.

Impari a cavartela nella vita, a conoscere e avere a che fare con diverse culture, modi di fare; ero molto più timido nelle interazioni sociali e dopo quest’esperienza mi sento molto più “lanciato”. È stata senz’altro, in assoluto, una crescita personale.

Come ti sentivi all’inizio (prima di partire e appena dopo arrivato lì)? Come sono cambiate le tue emozioni?

Al di là del divertimento ho apprezzato molto la possibilità di crescere personalmente ed emotivamente; è senz’altro un periodo in cui ti responsabilizzi, cresci sotto tanti punti di vista.

Le prime settimane in Spagna sono state un po’ di crisi così come tutti i cambiamenti radicali.  Quando però ho iniziato a riconoscere i luoghi visti, che per me significa familiari, mi sono tranquillizzata. Sicuramente anche il paragone con i compagni di lezione e lo scoglio della lingua non sono stati da meno, ma l’importante è stato non demordere, il pensare che non si va in crisi perché è impossibile.

Sono partito con altri ragazzi della mia città, ed essere lì con persone che conosci aiuta soprattutto all’inizio. Allo stesso tempo mi è servito capire che loro rappresentavano una zona di comfort ed era necessario staccarsi per vivere davvero appieno l’esperienza, imparare meglio la lingua, fare nuove amicizie, mettersi in gioco in tanti contesti nuovi.

Ci sono stati momenti particolarmente difficili, ostacoli specifici? Come li hai superati, da chi hai avuto supporto?

Il periodo Erasmus ha rappresentato una sfida personale nel badare a me stesso, per le faccende pratiche, concrete, nel tenere ordine e mi è senz’altro servito, anche se forse, in parte, questa per me è una battaglia ancora aperta…Il problema più grande è stato intrecciare gli esami per fare in modo di sostenere quelli di mio interesse e allo stesso tempo quelli previsti obbligatoriamente dal mio piano di studi. Oltre a ciò, i momenti più duri sono stati legati soprattutto a questioni molto pratiche come, primo fra tutti, il trovare casa in totale autonomia in una città grande e caotica come Barcellona. Mi sarebbe piaciuto avere un supporto in questo, anche prima della mia partenza.

L’esperienza Eramus attraverso gli occhi degli studenti con DSA