> FocusUnimore > numero 15 – maggio 2021

Il documento strategico di sviluppo edilizio dell’Ateneo 2020/2025 prevede per la sede di Reggio Emilia l’articolazione di quattro poli universitari, in parte già in corso di realizzazione: Campus San Lazzaro, Palazzo Dossetti, Seminario Vescovile ed area ex Officine Reggiane (dove sorgerà il Parco Innovazione).

Gli interventi previsti nel piano strategico consentiranno di avere a disposizione edifici più adeguati alle esigenze di ricerca così come ad una didattica universitaria di qualità, con importanti ricadute anche sul contesto cittadino. La maggiore disponibilità di laboratori, sale studio e biblioteche contribuirà certamente a migliorare il percorso formativo di studenti e studentesse e contribuirà ad alimentare la vita culturale e sociale della città.

Gli Organi accademici hanno così confermato tra gli obiettivi dell’Ateneo il voler promuovere strategie che accrescano il ruolo di Reggio Emilia come città universitaria, attrattiva e ospitale nei confronti di studenti e ricercatori, e riconosciuto necessario ampliare ed elevare la qualità degli spazi attualmente disponibili per superarne le criticità e consentire nuovi sviluppi.

Il Campus San Lazzaro, sede ormai storica dell’Ateneo, ospita il Dipartimento di Scienze e Metodi dell’Ingegneria (padiglioni Buccola, Morselli e Tamburini), studi e aule per l’area di Scienze agro-alimentari del Dipartimento di Scienze della Vita (padiglione Besta) e per l’area delle Professioni Sanitarie dei Dipartimenti afferenti alla Facoltà di Medicina e Chirurgia (padiglioni Livi e De Sanctis) per un totale di 2.500 studenti e studentesse, 150 docenti e 50 unità di personale tecnico amministrativo.

I sei padiglioni attualmente utilizzati da Unimore non sono sufficienti ad assicurare uno sviluppo qualitativo in termini di didattica, ricerca e servizi agli studenti di questi ambiti accademici.

Un primo progetto, già in fase di realizzazione ad opera del Comune di Reggio Emilia con il cofinanziamento di Ministero dell’Università e Ricerca, della Regione Emilia Romagna, di Er.Go e cofinanziato dall’Ateneo, è rappresentato dalla ristrutturazione del padiglione V. Marchi, che consentirà di realizzare 75 nuovi posti letto per studenti, di creare sale studio e un auditorium di oltre 200 posti.

Un secondo progetto, di cui si auspica la realizzazione attraverso modalità di partenariato pubblico-privato, riguarda la costruzione di nuove palazzine su di un terreno adiacente al Padiglione Buccola-Bisi. Tale progetto consentirà di soddisfare il fabbisogno di laboratori di ricerca e di aule per l’area tecnico-scientifica (sono previsti oltre 1200 posti/aula, biblioteche e sale studio) per DISMI e Agraria/DSV.

Va considerato che in questi ultimi anni, la filiera agroalimentare è stata oggetto di una straordinaria espansione che guarda con sempre maggiore attenzione alla sostenibilità ambientale, all’innovazione tecnologica, all’economia circolare con il fine di salvaguardare l’ambiente e il consumatore.

Nell’insieme questi due progetti, la cui realizzazione è prevista entro il 2023, consentiranno di incrementare la capienza delle aule didattiche di circa 1500 posti.

Un terzo progetto riguarda l’identificazione di un ulteriore padiglione dell’area S. Lazzaro in cui realizzare, ad opera di terzi, una mensa per studenti e docenti.

Palazzo Dossetti, oggi sede del Pro-rettorato, del Dipartimento di Comunicazione ed Economia, del Dipartimento di Educazione e Scienze Umane e di diversi servizi rivolti a studenti e studentesse quali le segreterie, è il secondo polo universitario e costituisce, con il Campus San Lazzaro, una delle sedi che hanno accompagnato la nascita e lo sviluppo di Unimore a Reggio Emilia.

La ristrutturazione dell’ex Seminario Vescovile, che potrà ospitare entro il 2021 il Dipartimento di Educazione e Scienze Umane e il Centro e-learning di Ateneo con 1500/2000 nuovi posti aula, costituisce il terzo polo universitario e, tra le altre cose, permetterà una riorganizzazione degli spazi e un miglioramento delle attività svolte presso Palazzo Dossetti. Il nuovo polo universitario, reso possibile grazie al Vescovo di Reggio Emilia e Guastalla, Mons. Massimo Camisasca, e dall’azione del Comitato Reggio Città Universitaria, catalizzatori di uno sforzo progettuale e finanziario cui hanno contribuito istituzioni, associazioni, imprese, e singoli cittadini, consentirà di avere una nuova sede in prossimità del centro storico e dell’Arcispedale S. Maria Nuova. Questa collocazione potrebbe favorire potenzialmente il trasferimento, in una fase successiva, del Corso di laurea in Infermieristica, oggi al Campus San Lazzaro. A questo scopo è allo studio l’ipotesi di un secondo stralcio di lavori per il recupero di una nuova porzione del Seminario Vescovile.

Infine, una sfida impegnativa ma pienamente in linea con i piani di sviluppo della città, consiste nel creare, con il supporto del Comune, un quarto polo didattico e di ricerca nell’area ex Officine Reggiane, adiacente alla sede dell’attuale Tecnopolo (Parco Innovazione), fulcro dell’innovazione e dell’alta formazione nelle varie declinazioni di sviluppo dell’area digitale.

La realizzazione di questo progetto, ancora in fase di definizione e che potrebbe ospitare almeno altri 1000 posti aula, è prevista nel triennio 2023-2025, con un primo stralcio già delineato in grado di ospitare due Corsi di laurea afferenti ai Dipartimenti medici

Campus San Lazzaro

L’area del complesso San Lazzaro è oggetto da anni di un ingente intervento di riqualificazione urbana e edilizia che lo ha convertito in campus universitario dando nuova vita ai diversi edifici adibiti in passato al ricovero psichiatrico. Trovano sede nel parco, oltre alle attività universitarie, attività sanitarie e culturali quali il Museo della Psichiatria, collocato all’interno del Padiglione Lombroso, e la Biblioteca scientifica “Livi” con prezioso archivio storico che occupa un’ala del padiglione Morel.

Con il recupero del parco storico del San Lazzaro si intende restituire alla collettività questo bene con nuove funzioni, conservando e tutelandone l’unitarietà degli spazi e del sistema del verde che ne fanno una struttura architettonica unica nel suo genere.

Nato come lebbrosario nel ‘500, quando è luogo di accoglienza per poveri, mendicanti e pellegrini di ritorno dalla Terrasanta, spesso lebbrosi; col passare degli anni dà ospitalità a bisognosi ed invalidi di ogni sorta (decrepiti, storpi, epilettici, ecc.). Il ricovero del “primo pazzerello” risale al 1536.

Nel 1821 il duca Francesco IV trasforma l’Istituto in Stabilimento Generale delle Case de’ Pazzi degli Stati Estensi e ne affida la direzione al giovane medico Antonio Galloni. Negli anni della sua direzione comincia un periodo di grandi trasformazioni e la fama del manicomio cresce tanto da diventare una vera e propria “cittadella” costituita da numerosi padiglioni in continuo ampliamento.

Nel 1861 le case de’ pazzi presero il nome di “Frenocomio di S. Lazzaro nell’Emilia” e, con la direzione del prof. Carlo Livi (1873), l’istituto diventa un punto di riferimento anche nell’ambito della ricerca scientifica attraverso la collaborazione con la Clinica psichiatrica dell’Università di Modena.

Ai primi del Novecento si avvia la costruzione, tra gli altri, del Tamburini e Vassale e nel 1918 il complesso conta ben 24 edifici con la possibilità di ospitare fino a 1.500 pazienti. Con il primo conflitto mondiale viene organizzato un centro di accoglienza per militari che manifestavano disturbi mentali; ne verranno ricoverati 5.704. Dal 1930 vi è una ripresa dell’attività edilizia con la costruzione del padiglione Morselli per l’osservazione delle donne e due anni dopo viene inaugurato il Buccola per la degenza donne lavoratrici tranquille.

Dal 1933 al 1936 sono numerose le altre costruzioni, compresi due padiglioni per pensionati paganti che dovevano assomigliare più a strutture alberghiere che ad istituti di cura: il Besta e il De Sanctis. Il padiglione Livi, costruito tra il 1888 e il 1940, con lo scopo di accogliere i malati abbienti, avrà successivi ampliamenti e modifiche tra il 1940 e il 1965.

Durante la seconda guerra mondiale, data la vicinanza con l’aeroporto e la fabbrica delle Reggiane, l’Istituto subirà ripetuti bombardamenti nel 1944. Solo nel giugno 1946 riprenderà l’ammissione dei pazienti che tenderanno ad aumentare fino a superare i 2000 ricoverati nel 1959. Con gli anni ‘60 e la sperimentazione degli psicofarmaci si assiste alla progressiva diminuzione degli ammessi.

Dal 1968/69 poi, in Italia, si mettono fortemente in discussione le istituzioni manicomiali e si arriverà nel 1980, con la legge Basaglia, alla chiusura dei manicomi e all’abbattimento delle mura di cinta del San Lazzaro.

Palazzo Dossetti

In pieno Centro Storico, nella zona dei Teatri, l’edificio, così come l’area circostante, è il risultato di un lungo processo di trasformazioni: da convento di Santa Chiara a Foro Boario, poi Caserma Zucchi e infine Palazzo universitario G. Dossetti.

Il Foro Boario, voluto dal Duca Francesco IV per dare una collocazione più idonea al mercato bestiame, fu progettato dall’architetto Pietro Marchelli, professore di architettura presso le Regie Scuole di Belle Arti di Modena e di Reggio. Già in uso nel 1851, anno in cui vi si tenne il primo mercato del bestiame, l’utilizzo dell’edificio come Foro Boario fu tuttavia limitato nel tempo. È con la diffusione del colera del 1854 che divenne urgente trovare un locale per i soldati del Ducato, che vennero trasferiti temporaneamente al Foro Boario. L’immobile sarà adibito definitivamente a caserma nel 1877 e dieci anni dopo sarà intitolata a Carlo Zucchi, Generale napoleonico che partecipò alle campagne in Montenegro e Ungheria e alla battaglia della Beresina. Fino al 1975 la Caserma Zucchi è stata occupata dai militari, negli anni successivi il Comune l’ha destinata a spazio espositivo dei Musei Civici e a sede dell’istituto Musicale “Achille Peri”.

Negli anni ’90 è iniziata la ristrutturazione dell’intero complesso e dal 2005 l’edificio è sede universitaria: dal 2013 ha preso il nome di Palazzo universitario Giuseppe Dossetti.

Seminario Vescovile di Reggio Emilia

Il complesso del Seminario Vescovile rappresenta un esemplare di pregio del razionalismo degli anni Cinquanta del Novecento e uno straordinario esempio di recupero di un edificio storico trasformato in polo universitario.

Inaugurato nel 1954, è opera dell’architetto Enea Manfredini (1916-2008), protagonista del movimento razionalista italiano e della progettazione di Reggio Emilia nella fase di ricostruzione postbellica. Tra le sue realizzazioni più importanti, oltre al Seminario Vescovile, vanno ricordati l’ospedale Santa Maria Nuova, il cimitero di Coviolo e il quartiere Ina Casa di Rosta Nuova, firmato con l’arch.  Franco Albini.

L’intervento di riuso del Seminario, curato dai figli arch. Alberto e ing. Giovanni, esalta i caratteri dell’architettura razionalista e funzionale, caratterizzata dall’eliminazione degli apparati decorativi, dalla semplificazione delle forme verso volumi puri, dall’utilizzo di colori primari con dominante del bianco, e dall’uso di materiali moderni come cemento armato, vetro e acciaio.

Il luogo restaurato è stato quest’anno inserito dal FAI (Fondo Ambiente Italiano) di Reggio Emilia nelle giornate di primavera dedicate alla riscoperta del patrimonio culturale e paesaggistico del nostro Paese.

Parco dell’Innovazione – Officine Reggiane. Quarto polo universitario

Un importante progetto di rigenerazione urbana coinvolge gli spazi delle storiche Officine Meccaniche Reggiane verso un polo dell’innovazione che mette al centro ricerca ed economia della conoscenza.

Oggi parte di un’importante opera di riqualificazione, le Officine Meccaniche Reggiane sono state la più grande fabbrica di Reggio Emilia. Fondate nel 1904, hanno raggiunto i 12.000 dipendenti con la produzione di aerei dal 1935 al 1945. Nel corso della seconda guerra mondiale molti lavoratori e lavoratrici delle Officine hanno affrontato bombardamenti, rappresaglie e deportazioni e, anche dopo la guerra, la fabbrica continua ad essere un importante luogo di formazione politica e sindacale.

Nel 1950 è stata occupata per un anno intero per evitare numerosi licenziamenti e salvare l’azienda dalla crisi attraverso la produzione di un trattore agricolo, l’R60: una possibile riconversione da industria di guerra.

Approfondimenti ai siti:

http://www.officinemeccanichereggiane.it/storia/
https://reggianeurbangallery.it/
https://www.comune.re.it/parcoinnovazione

Unimore sempre più integrata nel tessuto urbano di Reggio Emilia