> FocusUnimore > numero 38 – luglio 2023

Communicating the third mission
The constantly active role that universities play is that of the so-called “third mission”, i.e. the set of activities that the university carries out for and with all players in the social, economic and cultural context. With companies and institutions, both local and national, with economic and cultural associations, with schools and third sector bodies, but also with private citizens interested in learning about developments in scientific research for professional purposes or out of a pure desire for personal growth. The term that well reflects this effort by universities to seek deeper contact with the external environment is “Engaged University”. It reflects the willingness of universities to take on these needs for innovation and to assume greater responsibility in the development of society. By becoming “engaged” the university has much to give, much knowledge and resources to share, many new skills to deliver. But it also has much to gain by engaging in dialogue with the different communities with which universities interact and learning from their knowledge and wealth of practical experience. The third mission is about contact, dialogue, exchange. This is why communication is central to the third mission. It makes its role intelligible and makes its opportunities understood. It gives rise to interactions and creates the conditions for involving individuals and organisations outside the universities. The new edition of the third mission section on the university website (https://www.unimore.it/terzamissione/) aims to focus on the core third mission activities carried out in our university.

Gli atenei sono universalmente noti per il ruolo che giocano come attori centrali per l’avanzamento della ricerca scientifica e per la formazione delle nuove generazioni.Sono queste le due missioni più conosciute.

Meno conosciuto è il ruolo costantemente attivo che le università svolgono operando come soggetti che intervengono direttamente nel loro contesto esterno di riferimento, la cosiddetta “terza missione”. Quest’ultima è costituita da quell’insieme di attività che l’università svolge per, e in interazione con, tutti gli attori del contesto sociale, economico e culturale. Con imprese e istituzioni, locali e nazionali, con associazioni economiche e culturali, con scuole e enti del terzo settore, ma anche con privati cittadini interessati a conoscere l’evoluzione nella ricerca scientifica per scopi professionali o per puro desiderio di crescita personale.

Con la terza missione l’università esercita un ruolo attivo a supporto delle due missioni tradizionali, consapevole come la conoscenza generata attraverso la ricerca e attraverso la formazione nei corsi di laurea, nei master, nei dottorati si debba intrecciare sempre coi fabbisogni complessi di una società in evoluzione, continuamente riplasmata da transizioni rapide e profonde. Tra quelle che oggi stanno marcando il nostro futuro in modo decisivo basta ricordare la transizione digitale, la transizione verso la sostenibilità e la conversione energetica, gli effetti ancora largamente inesplorati dell’intelligenza artificiale, la rivoluzione tecnologica in molti settori fondamentali della nostra economia, il fronte sempre aperto dell’inclusività sociale. Fare terza missione in università oggi significa interagire profondamente, su questi temi e su molti altri, con porzioni vaste della società e dei territori di riferimento.

C’è un termine che rispecchia bene questo sforzo delle università nel cercare un contatto più profondo col contesto esterno. È quello di “Engaged University”. Riflette la volontà delle università di prendersi carico di questi bisogni di innovazione e di assumere una responsabilità maggiore nello sviluppo della società. Diventando “engaged” l’università ha molto da dare, molta conoscenza e risorse da condividere, molte competenze nuove da consegnare. Ma ha anche molto da guadagnare, dialogando con le differenti comunità con cui gli atenei si trovano ad interagire e imparando dalle loro conoscenze e dal loro patrimonio di esperienze pratiche.

La terza missione è fatta di contatto, di dialogo, di scambio. Per questo la comunicazione è centrale per la terza missione. Ne rende intelligibile il ruolo e ne fa capire le opportunità. Fa nascere le interazioni e crea le condizioni per coinvolgere gli individui e le organizzazioni esterne alle università.

Unimore sta lavorando per tenere aperti e ampi i canali di comunicazione con gli attori del contesto esterno. Alcuni di questi canali sono affidati alla capacità di dialogo e interazione dei ricercatori e dei gruppi di ricerca che lavorano nei dipartimenti. È una comunicazione su base spesso personale, talvolta rivolta a piccoli target di soggetti interessati allo scambio e condivisione di conoscenza e con cui già si condividono linguaggi scientifici e affinità di competenze; talvolta rivolta ad un pubblico più ampio per allargare la platea di soggetti esterni interessati e per diffondere linguaggi e competenze. Altri canali di comunicazione hanno un respiro istituzionale e sono destinati a rivolgersi a pubblici molteplici e a target più ampi.

In quest’ottica è sicuramente importante avere pagine nel sito web di ateneo dedicate alla terza missione in grado di parlare verso l’esterno, verso la società e il mondo delle imprese. Con linguaggi chiari, dando informazioni e provando ad aprire strade per dialoghi più profondi. È quanto abbiamo cercato di realizzare recentemente, con la collaborazione dell’Ufficio Ricerca, Trasferimento Tecnologico e Terza Missione, dell’Ufficio ILO e dell’Ufficio Comunicazione di Ateneo e con il supporto tecnico dei servizi informatici di ateneo. La nuova edizione della sezione sulla terza missione nel sito di ateneo (https://www.unimore.it/terzamissione/) vuole mettere al centro le attività fondamentali della terza missione svolte nel nostro ateneo, con un particolare riguardo ai pubblici esterni all’università.

I campi di possibile azione a cui si può accedere attraverso il sito sono svariati, riflettendo l’articolazione e la vastità di intervento della terza missione di Unimore.

  1. Il cosiddetto “Public Engagement”, ovvero l’insieme di attività svolte dall’Ateneo, dalle sue strutture o dai singoli o gruppi di docenti o ricercatori, senza scopo di lucro, con valore educativo, culturale e di sviluppo della società e rivolte a un pubblico non accademico. In questo campo la comunicazione deve creare interesse e generare contatti, ma anche raccogliere idee, bisogni, esperienze sviluppate nel contesto pratico.
  2. La ricerca applicata e le attività di consulenza svolte sulla base di contratti o convenzioni con committenza esterna e rivolte principalmente a contribuire all’innovazione delle imprese. Vista la natura di ateneo pluridisciplinare e di ricerca, le competenze che Unimore è in grado di mettere in campo riguardano un ampio ventaglio di settori all’interno delle scienze dure e dell’ingegneria, delle scienze della vita e salute, e delle scienze umanistiche, sociali, giuridiche ed economiche. La comunicazione qui deve tenere allineato il contesto esterno con quanto di nuovo e rilevante si fa nei laboratori e nei centri di ricerca. Deve sapere parlare anche con pubblici professionali e specialistici.
  3. Le attività creative e di innovazione svolte dai docenti e ricercatori, che possono dare luogo a invenzioni tutelabili, dal punto di vista della proprietà intellettuale e dei diritti di sfruttamento commerciale, mediante lo strumento del brevetto. La comunicazione in questo caso deve rafforzare e accelerare i processi di valorizzazione di questa conoscenza. Deve cercare partner interessati a sfruttare queste conoscenze, riconoscendo ad esse un valore economico. È una comunicazione che si fa con piattaforme aggiornate, con banche dati, ma anche con un lavoro capillare di comunicazione ad hoc per singoli soggetti economici potenzialmente interessati.
  4. La creazione di imprese spin off, come strumento di valorizzazione della ricerca e con il fine di favorire lo sviluppo di nuove tecnologie, prodotti e servizi innovativi e la loro diffusione. Gli spin off possono prevedere la partecipazione di personale dell’Ateneo oppure essere promossi da studenti (junior spin off). La comunicazione qui deve fare conoscere a tutti il ruolo vitale per lo sviluppo dei territori di queste iniziative di imprenditorialità accademica, che possono portare sul mercato nuova conoscenza in forma di prodotti o servizi, ma anche possono favorire nuova occupazione e generare valore economico per l’ateneo e per la società.
  5. I percorsi di formazione continua, progettati e sviluppati anche in collaborazione con l’esterno, per soddisfare i fabbisogni formativi in continua evoluzione delle imprese, della scuola, del terzo settore, della pubblica amministrazione e del personale medico-sanitario. In questo campo la comunicazione ha il ruolo cruciale di fare conoscere questa offerta formativa mirata intercettando sia i nuovi bisogni sia i nuovi fruitori.
  6. I progetti di formazione alla imprenditorialità per studenti, organizzati in stretta collaborazione con le imprese, e i percorsi di supporto allo sviluppo di idee imprenditoriali e startup che raccolgono le proposte di imprese e istituzioni. La comunicazione qui è, per così dire, fatta molto di sostanza. La sostanza è quella comunicata dai progetti imprenditoriali che gli studenti sono in grado di generare durante e al termine di questi percorsi formativi. 
  7. La tutela del ricco patrimonio culturale dell’Ateneo, fatto di collezioni museali e archivi, da valorizzare favorendo l’accessibilità a un pubblico ampio, innovandone la funzione educativa e creando spazi di fruizione pienamente vivibili dalla collettività. La comunicazione qui è fatta molto di simboli. Deve guidare la comunità alla scoperta di patrimoni spesso invisibili, deve farli rivivere nell’interazione con pubblici non specialistici, deve attraverso di essi rafforzare l’identità storica dell’ateneo come organizzazione aperta e integrata nella società.
Comunicare la terza missione