> FocusUnimore > numero 25 – aprile 2022

“Sappiamo abbastanza dell’Economia modenese?” (Do we know enough on Modena economy?) is the title of a seminar recently held at the Marco Biagi Department of Economics with the aim of understanding the local economy after the impact of the financial crisis and the pandemic, with a view on changes to the labour market and the challenges to face for the future. A recent study on the resilience of the regional economy published in 2021 in the prestigious journal Business History by experts in economics – including Unimore professors Alberto Rinaldi and Giovanni Solinas, together with Patrizio Bianchi, Raffaele Giardino, Sandrine Labory – highlights the resilience of the economy of Emilia Romagna, which has returned to pre-crisis levels in terms of GDP and export value, thanks to three factors: an industrial structure capable of innovation; the entrepreneurial ability that has reconfigured the industrial districts, with the international increase of leading local enterprises and with the income of multinationals; and the new networks of technology transfer that the regional government has activated. Specifically, the study emphasises how in history Emilia Romagna has successfully faced several shocks, both structural and economic. The recent overview of market trends has driven actions such as the creation of the High Technology Network and digital infrastructures (Big Data techno pole), the creation of Clust.ER – community of companies, labour representatives and other institutions that identify the scenarios and development strategies of the main productive sectors of Emilia-Romagna, and training initiatives.

“Sappiamo abbastanza dell’Economia modenese?”. Ѐ il titolo di un seminario che si è recentemente tenuto al Dipartimento di Economia Marco Biagi di Unimore con l’obiettivo di inquadrare l’economia locale dopo l’impatto della crisi finanziaria e di quella pandemica partendo da domande come: quale ristrutturazione ha coinvolto le imprese dei diversi settori dell’economia locale? Quali sono stati i cambiamenti del mercato del lavoro? Qual è lo stato odierno dell’economia a Modena, rispetto alla regione Emilia-Romagna (E-R) e al Nord Italia? Quali criticità si profilano all’orizzonte?

         Per rispondere a questi interrogativi ci si è affidati a un recente studio sulla resilienza dell’economia regionale, pubblicato nel 2021 sulla prestigiosa rivista Business History, ad opera di studiosi esperti di economia, tra i quali i docenti Unimore Alberto Rinaldi e Giovanni Solinas, insieme a Patrizio Bianchi, Raffaele Giardino, Sandrine Labory.

         Dalla pubblicazione emerge la resilienza dell’economia dell’E-R, che si è riportata ai livelli pre-crisi in termini di PIL e di valore dell’export, grazie a tre fattori: una struttura industriale capace di spostarsi dai settori tradizionali a quelli innovativi; la capacità imprenditoriale che ha riconfigurato i distretti industriali, con la crescita internazionale di imprese locali leader e con l’ingresso di multinazionali; le nuove reti di trasferimento tecnologico che il governo regionale ha attivato, accompagnando questa svolta e rafforzando la coesione sociale.

        Nello specifico lo studio sottolinea come l’E-R abbia affrontato con successo svariati shock, sia strutturali sia congiunturali. 

        Nell’immediato dopoguerra, la risposta allo shock della riconversione post-bellica e del passaggio da un’economia chiusa ad economia aperta avviò una fase di rapida crescita, durata sino agli anni Ottanta: l’E-R scalò le graduatorie delle classifiche italiane ed europee per PIL pro-capite e divenne un caso paradigmatico di industrializzazione basata sulle piccole e medie imprese e sui distretti industriali. 

       A partire dagli anni Novanta, un nuovo shock strutturale – dovuto alla globalizzazione e alla rivoluzione dell’ICT – ha innescato un profondo cambiamento dell’economia regionale. La ricerca analizza alcuni indicatori di resilienza. Tra il 1990 e il 2019, l’E-R ha registrato il più alto aumento dell’indice del PIL tra le principali regioni industriali italiane, mentre il tasso di disoccupazione è risultato il più basso. Si considerano poi le esportazioni, dove la crescita dell’E-R è superata solo dalla Toscana, che partiva però da valori più bassi. Tuttavia, non si è recuperato rispetto alle regioni più avanzate d’Europa, come la Baviera e il Baden-Württemberg. La bassa crescita della domanda interna ha penalizzato l’Italia e, di conseguenza, la nostra regione.

       Negli ultimi trent’anni i cambiamenti di maggior rilievo sono stati: il cambiamento nella specializzazione settoriale, con il declino dei settori low-tech (tessile-abbigliamento, calzaturiero, legno e mobilio) e la crescita dei settori medium e high-tech (meccanica, meccatronica, chimica); la nascita e affermazione di imprese leader distrettuali, fortemente votate all’internazionalizzazione; l’arrivo delle imprese multinazionali.

       Un ruolo di rilevo nella resilienza dell’economia regionale è stato svolto dalle istituzioni. Quando non esistevano le regioni, tale ruolo era svolto dai comuni e dalle province, i cui strumenti erano le politiche per le aree attrezzate per le piccole e medie imprese, nonché l’istruzione tecnica e professionale diffusa sul territorio. 

       Nel 1970 vennero istituite le Regioni e, pur in presenza di competenze limitate, l’E-R attuò sin da subito una propria politica industriale. Le strategie di sviluppo furono definite in costante dialogo con gli stakeholders: associazioni imprenditoriali, sindacali e cooperative. Negli anni Ottanta, la Regione adottò una politica per PMI e i distretti industriali. Lo strumento fu la rete dei centri per i servizi reali alle imprese. Vi è, in questo, una differenza ad esempio con il Veneto, dove i servizi furono demandati ai privati e alle Camere di commercio. Negli anni Novanta emerse una preoccupazione per la futura competitività dei distretti industriali in un contesto che cambiava sotto la spinta dello shock strutturale (globalizzazione, rivoluzione dell’ICT). Si fece strada una nuova visione dello sviluppo locale, basato non più sui distretti, ma sulla formazione di cluster di imprese regionali

       La politica industriale della Regione si è maggiormente orientata sulle grandi imprese (leader distrettuali e multinazionali). Un ruolo importante ha avuto, in questo contesto, la riforma di ASTER nel 2001, oggi ART-ER, ente che ha promosso e promuove una più stretta interazione tra Regione, istituti di ricerca e imprese per l’applicazione industriale dei risultati della ricerca. 

Questa nuova visione ha orientato le azioni più recenti, come la realizzazione della Rete Alta tecnologia e delle infrastrutture digitali (tecnopolo Big Data), la creazione dei Clust.ER – comunità di imprese, rappresentanze del lavoro e altre istituzioni che identificano gli scenari e le strategie di sviluppo dei principali settori produttivi dell’Emilia-Romagna e gli interventi nel campo della formazione

Economia: da Unimore uno studio su “L’Emilia-Romagna resiliente”